saec. IV-V
Fino all’inizio del XVI secolo l’unica opera nota come risalente a Sesto Aurelio Vittore era l’Epitome de Caesaribus. Tuttavia, sul finire dello stesso secolo, fra il 1577 e il 1579, Andreas Schott ebbe modo di reperire un codice umanistico del XV secolo, noto come Bruxellensis o Pulmanni (P Bibl. Reg. 9757), contenente tre opuscoli, nell’ordine l’Origo gentis Romanae, il De viris illustribus Urbis Romae, le Historiae abbreviatae o Liber de Caesaribus. Ben presto si appurò che le quattro opere (l’Epitome e le tre riportate nel codex Pulmanni) erano da attribuire ad autori diversi, secondo alcuni tutti risalenti al IV secolo d.C. Di questi autori il solo a noi noto è Aurelio Vittore, cui si devono, secondo un giudizio ormai condiviso, le sole Historiae abbreviatae, mentre l’Epitome, l’Origo e il De viris illustribus sono da considerarsi senz’altro pseudoepigrafi. I tre opuscoli riportati nel codex Pulmanni vennero ben presto identificati come facenti parte di un corpus tripertitum o Aurelianum, che risultava pertanto composto dall’Origo gentis Romanae, che narra la storia del Lazio antico dal regno di Giano sino alla fondazione romulea, dal De viris illustribus Urbis Romae, che tratta il periodo compreso fra il regno dell’albano Proca e la morte di Cleopatra e infine dalle Historiae abbreviatae o Liber de Caesaribus, che descrive la storia imperiale da Augusto al decimo consolato di Costanzo II (360 d.C.). Il corpus fu assemblato da un ignoto compilatore, al quale vanno attribuite, secondo alcuni studiosi (D’Anna), non solo la rielaborazione dell’originario titulus dell’Origo (trasformato nel lungo titulus introduttivo all’intero corpus tripertitum: Origo gentis Romanae a Iano et Saturno conditoribus per succedentes sibimet reges usque ad consulatum decimum Costantii, digesta ex auctoribus Verrio Flacco, Antiate - ut quidem idem Verrius maluit dicere quam Antia - tum ex annalibus pontificum, dein Cincio, Egnatio, Veranio, Fabio Pictore, Licinio Macro, Varrone, Caesare, Tuberone, atque ex omni priscorum historia, proinde ut quisque neotericorum asseuerauit, hoc est et Liuius et Victor Afer) e forse dei capitoli iniziali dell’opuscolo (1-9), ma anche la creazione della cosiddetta “legatura”, cioè del brano di collegamento fra la parte conclusiva dell’Origo e l’inizio del De viris illustribus. Altri studiosi (Richard) hanno supposto che il titolo fosse stato in origine pensato per denominare l’intero corpus e solo in un secondo tempo fosse passato all’attuale libellus Origo gentis Romanae.
Sulla data di ideazione del corpus sono stati espressi pareri discordanti, che oscillano fra la fine del IV secolo, appena dopo la composizione delle Historiae abbreviatae per opera di Aurelio Vittore (Momigliano, D’Anna, Sehlmeyer), la fine del VI secolo (Puccioni, Richard) e il pieno Medioevo (D’Elia). È stato supposto (Momigliano) che l’ignoto compilatore possa aver assemblato il corpus negli ultimi anni del IV secolo, allo scopo di creare un sommario di stampo biografico dell’intera storia romana, riservato a un pubblico colto, di impronta pagana, che si contrapponesse alla cosiddetta Chronica Urbis Romae, di ispirazione cristiana, redatta intorno alla metà del IV secolo e relativa alla storia di Roma a partire dal mitico re Fauno sino alla morte di Licinio Liciniano (324 d.C.). Certamente fra le finalità dell’opera vi era quella di evidenziare e riaffermare la continuità e la persistenza delle tradizioni etiche, politiche, militari della città e del suo impero. Di recente si è supposto (D’Anna) che l’ideatore del corpus tripertitum vada identificato con il grammaticus che si autocita, parlando del proprio lavoro, alle ll. 26-29 del capitolo 1 dell’Origo. [G. Vanotti]