saec. IV
Nei manoscritti che tramandano il commento di Donato a Terenzio compare a volte un trattato anonimo sulle opere drammatiche – la tragedia e soprattutto la commedia – la cui prima parte può ragionevolmente essere attribuita a un Evanzio per le due citazioni, rispettivamente da 2, 6 e 3, 3, che ne fa Rufino di Antiochia (GL Keil VI 554) nelle sue opere sui metri di Terenzio: Evanthius in commentario Terentii de fabula ... sic dicit: “concinna argumento ...”, et postea sic: “veteres etsi ipsi...”. Da Rufino si ricava anche il possibile titolo comunemente attribuito all’opera, De fabula, anche se altri hanno preferito puntare su un De comoedia, titolo che in alcuni manoscritti compare alla fine del quarto e ultimo capitolo a separare ciò che precede da una nuova sezione, considerandolo più confacente all’argomento del testo che ci è pervenuto. È chiaro che non abbiamo argomenti per essere certi che il testo a nostra disposizione sia esattamente quello che leggeva Rufino e non una sua sintesi o rielaborazione, e poco potremmo dire dell’autore, se non ci aiutasse una notizia di Girolamo, che nel Chronicon scrive, all’anno 358, Evanthius eruditissimus grammaticorum Constantinopoli diem obiit, in cuius locum ex Africa Charisius adducitur (ma Charisius è congettura di Usener, perché i manoscritti hanno Chrestus).
Se si trattasse dello stesso Evanzio, cosa possibile vista la scarsa diffusione del nome e la coincidenza dell’attività nel campo grammaticale, ma tutt’altro che certa, l’autore del De fabula avrebbe dunque insegnato a Costantinopoli nella prima metà del IV secolo e fino al 358, avrebbe studiato Terenzio e la sua metrica – Rufino in un altro luogo (GL Keil VI 565) inserisce il suo nome nell’elenco di quanti affermano che le opere teatrali sono in versi e non in prosa – e sarebbe stato considerato fra i più dotti grammatici dei suoi tempi. Sembra da escludere la possibilità che al nostro possano riferirsi le notizie su un altro paio di personaggi con lo stesso nome che vissero nel IV secolo. [G. Polara]