saec. III
Gaio Giulio Romano era un grammatico probabilmente attivo in Italia (si riferisce al modo di parlare contemporaneo in Campania e ai tratti dialettali dei Vestini, Teatini e Marucini). Certamente successivo per esempio di Apuleio, Flavio Capro (fl. circa 200 d.C.) ed Elenio Acrone (II sec. d.C.), che egli cita, e anteriore a Carisio (metà IV sec. d.C.?), che cita solamente lui, forse era attivo nel terzo quarto del III sec. (dettagli su queste e altre questioni in OCD5). Espressioni come licet grammatici velint sembrano suggerire che non fosse lui stesso un grammaticus, e ciò sarebbe coerente con il titolo non convenzionale del suo lavoro — Ἀφορμαί (o liber / libri Ἀφορμῶν), “nozioni di base” o “punti di partenza” - e con il suo stile idiosincratico (e, a volte, contorto e opaco). Lo conosciamo solo per via degli estratti di Carisio sul principio di analogia e su avverbi, congiunzioni, preposizioni e interiezioni, e il suo lavoro evidentemente non era un'ars grammatica convenzionale; piuttosto, all'interno di ogni argomento Giulio Romano organizzò in ordine alfabetico i punti su cui desiderava formulare commenti - in gran parte si tratta di singole parole -, al fine di verificare l'uso effettivo degli "antichi" (veteres) contro la dottrina prescrittiva dei precedenti scrittori grammaticali; ed è chiaro che ha tratto le sue citazioni relative a impieghi antichi non solo dalle opere di quei grammatici, ma anche da estratti da lui stesso tratti, per esempio, da Nevio, Plauto, Titinio, Afranio, Catone e Sisenna. La sua conoscenza dei veteres rende il suo lavoro importante per noi oggi, sia come deposito di frammenti sia come prova della sopravvivenza di alcuni testi almeno fino alla soglia della tarda antichità. Non conosciamo l’estensione delle Ἀφορμαί, al di là degli estratti di Carisio: probabilmente si occupavano delle altre parti del discorso e sicuramente comprendevano più di un libro (gli estratti da soli arrivano a circa 90 pagine stampate moderne, oltre il limite di un antico liber), ma ogni altra notizia rientra all’interno di un ambito caratterizzato da speculazione e incertezza. [R. Kaster, tr. A. Balbo]