saec. V-VI
Prisciano si dice Caesariensis nella dedica a Giuliano consul ac patricius (personaggio non sicuramente identificabile: Ballaira 1989, 81-85) premessa all’epistola con cui si apre l’Ars (GL II 1) e come grammaticus Caesariensis è definito nei numerosi incipit ed explicit presenti nella tradizione manoscritta delle sue opere. Sulla base della testimonianza della Vita Bernensis (Bern, Burgerbibliothek, AA 90, 29, ff. 4v-6r; GL VIII, CLXVIII-CLXIX), che appare confermata da un esame attento dei versi 242-247 del panegirico ad Anastasio, è communis opinio che la sua patria sia da identificare con Cesarea di Mauritania (Ballaira 1989, 17-19 e 2002, con bibliografia di riferimento in n. 26; Baratin 2005). Difficile è stabilire con certezza le date entro cui si colloca la sua vita: attivo a Costantinopoli sotto l’imperatore Anastasio I (491-518), era all’apice della carriera all’inizio del regno di Giustiniano (527-565), quando venne pubblicata l’Ars (questo il titolo tradito dell’opera maggiore, Institutiones grammaticae nell’edizione di M. Hertz, GL II e III, 1-377: in proposito De Nonno 2009). Prisciano continuò quindi a insegnare latino in età giustinianea e morì in un anno imprecisato prima del 580. Gli scarsi dati cronologici si ricavano dalle testimonianze di Cassiodoro e Paolo Diacono: quest’ultimo (De gest. Langob. I 25) lo dice attivo a Costantinopoli ai tempi di Giustiniano, mentre il primo ci fornisce il termine ante quem per la morte del grammatico, in quanto il titolo del dodicesimo capitolo del De orthographia recita ex Prisciano grammatico, qui nostro tempore Constantinopoli doctor fuit (GL VII 207, 13-14); Prisciano doveva essere già morto (fuit) quando Cassiodoro redasse il trattato, intorno al 580.
Per ripercorrere più da vicino le fasi della sua vita, è possibile affermare che a causa della sua fede cattolica fu costretto a lasciare l’Africa in seguito all’invasione dei Vandali, ariani intransigenti. Riparò quindi a Costantinopoli intorno al 480-490, durante il periodo del dominio degli Isauri (474-491), le cui vessazioni sono ricordate nel panegirico De laude Anastasii imperatoris. Studiò alla scuola di Teottisto, menzionato due volte nell’Ars (GL II 238, 5-7; III 231, 24-25), ma non è chiaro se ancora in Africa o già a Costantinopoli (per questa seconda ipotesi propende Ballaira 1989, 36).
Prisciano divenne maestro di latino presso l’università di Costantinopoli, raggiungendo presto considerevole fama. Ebbe tra i suoi allievi Flavio Teodoro, un funzionario imperiale (memorialis dello scrinium epistularum e adiutor del quaestor sacri palatii), ed Eutiche (su cui Lomanto 1985), di cui è pervenuta un’Ars de verbo (GL V 447-489). Nella capitale bizantina ebbe modo di conoscere il senatore romano Quinto Aurelio Memmio Simmaco il giovane, pronipote dell’oratore di IV secolo e suocero di Severino Boezio (ca. 480-524); l’incontro, da collocare probabilmente all’inizio del VI secolo (Ballaira 1989, 41-53) e sicuramente anteriore al 525, anno della morte di Simmaco, è ricordato dallo stesso Prisciano, GL III 405, 6. Proprio in quel periodo erano particolarmente intensi i contatti culturali tra le classi colte romano-ravennati e il mondo greco, e lo stesso Simmaco, insieme a Boezio, fu promotore di un programma di rifondazione culturale dell’Occidente, ormai controllato dai Goti, che sarebbe passato attraverso la ripresa della lingua e delle fonti greche. Si è ipotizzato (Courcelle 19482, 304-312; Baratin 2005 e 2014) che sullo sfondo di tale avvicinamento culturale sia da collocare l’attività di Prisciano, convinto assertore dell’importanza fondante dei modelli greci per lo studio della lingua latina. Non è chiaro se egli abbia avuto accesso diretto alle opere di Boezio, che tuttavia circolavano nel suo stesso milieu culturale: la copia di un corpus di scritti di logica del filosofo latino venne commissionata al medesimo discepolo di Prisciano che ne trascrisse la monumentale grammatica, Flavio Teodoro (Pecere 2014).
Un cenno infine alla produzione priscianea, procedendo in ordine cronologico. A Simmaco sono dedicati i tre più antichi trattati: il De figuris numerorum (scritto su commissione dello stesso Simmaco: sicut iussisti, GL III 405, 9), il De metris fabularum Terentii e i Praeexercitamina. Più tardi, tra il 526 e il 527 (come indicano le sottoscrizioni di Teodoro presenti in diversi manoscritti), furono trascritti i diciotto libri dell’Ars: destinati all’insegnamento del latino a un pubblico di lingua greca che aspirava al bilinguismo come strumento per accedere alle più alte cariche imperiali (Baratin 2014), essi hanno per oggetto le otto parti del discorso (libri 1-16, il cosiddetto Priscianus Maior) e la costruzione delle parole (libri 17 e 18, Priscianus Minor). In seguito vennero composti due opuscula per la scuola, l’Institutio de nomine et pronomine et verbo e le Partitiones duodecim versuum Aeneidos principalium. In precedenza datato al 513 (Chauvot 1977; Ballaira 1989, 21-27; Baratin 2005), il panegirico ad Anastasio è stato ora con maggior precisione ricondotto all’anno successivo (Ballaira 2009), mentre Bonnet 2009 ha proposto di collocare la Periegesi, traduzione in 1087 esametri del poemetto di Dionigi, tra la composizione dell’Ars e le Partitiones. [M. Callipo]