saec. V ex.
Le uniche notizie che possediamo su questo grammatico di Antiochia sono quelle che si ricavano dalla sua breve opera, cui il Keil nella sua raccolta assegnò il titolo congetturale di Commentarii de metris comicorum et de numeris oratorum, a fronte di una compilazione di difficile ricostruzione, verosimilmente il prodotto della giustapposizione e rimaneggiamento di due scritti affini dello stesso autore, il primo incentrato sul riconoscimento della natura metrica dei testi comici latini e il secondo sul ritmo nella prosa e la presenza di clausole metriche. Si conserva, fra le due sezioni, un distico che probabilmente costituiva la subscriptio del primo opuscolo (haec ego Rufinus collegi mente benigna / discipulisque dedi munera pulchra libens): conferma il nome e la professione dell’Autore, nonché la destinazione scolastica dello scritto. L’inscriptio che si ricava dai manoscritti (Commentarium Rufinini V.D. grammatici Antiochensis in metra Terentiana) aggiunge il dato di vir devotus – secondo lo scioglimento della sigla sostenuto dal più recente editore (d’Alessandro 2004, p. xix n. 10) rispetto al vir dissertissimus di alcuni mss. – titolo diffuso fra i funzionari della corte imperiale a partire dalla seconda metà del IV sec. Come litterator (sinonimo di grammaticus) e vir clarissimus è menzionato nell’inscriptio della seconda sezione dell’opera, titolo quest’ultimo ricorrente anche nel corpo dell’opera, che attesterebbe un certo prestigio del personaggio, insignito della dignità senatoria come Elio Donato, Mario Vittorino e altri grammatici tardoantichi.
Non è possibile stabilirne con precisione la cronologia. Un terminus post quem è fornito dal riferimento al grammatico Servio, attivo a Roma verso la fine del IV sec. d.C., mentre un terminus ante quem manca, anche se si ricava ex silentio dal fatto che Rufino, il quale conosce i grammatici più importanti dell’epoca di Servio (Donato, Evanzio, Carisio, Diomede etc.), non citi Prisciano che si occupò dello stesso tema (nel De metris Terentii et aliorum comicorum): ciò fa propendere per una datazione della sua attività fra la seconda metà del V secolo e gli inizi del VI, un arco cronologico nel quale diversi grammatici latini risultano attivi anche ad Alessandria e Costantinopoli. È ipotizzabile che Rufino sia stato anche autore di un’opera in esametri sullo stesso argomento de re metrica sviluppato in prosa, poiché ad essa sembrerebbero riconducibili le porzioni di versi che compaiono soprattutto al principio della seconda sezione, intervallate da formule introduttive che denunciano la mano di un excerptor. Più che allo stato della trasmissione, sono da imputare a questa operazione compilatoria, avvenuta forse alle soglie del Medioevo, omissioni, incongruenze ed errori nell’opera di Rufino, che in origine doveva essere più organica e ricca di citazioni, come si evince anche dall’incongruenza fra le liste di auctores, menzionati a mo’ d’indice delle fonti compulsate, e i corrispettivi exempla. È probabile che l’ignoto compilatore non si sia limitato solo a ridurre drasticamente il testo, ma che ne abbia alterato anche l’ordine e sia intervenuto qua e là con formule esplicative e riassuntive.
Rigettata dal più recente editore (d’Alessandro 2004, p. lxxxv) è una vecchia ipotesi di attribuzione a Rufino di un componimento di 22 versi su Pasifae (Anth. 732 Riese = PLM V, nr. 51 Baehrens), in cui sono esemplati tutti i metri di Orazio, presente nel ms. Voss. Lat. Q. 33, subito dopo un estratto dell’opera di Rufino stesso e un breve elenco di piedi con relativi esempi.
L’opera del grammatico antiocheno ebbe una notevole circolazione in età carolingia. Attestano la conoscenza di Rufino i commenti terenziani dell’epoca e autori del IX secolo, quali Rabano Mauro, Sedulio Scoto e Micone di Saint Riquier. [A. Lagioia]