Edizione di riferimento:
Anonymi auctoris De rebus bellicis recensuit Robert. I. Ireland, Lipsiae 1984 (Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana).
Il trattato De rebus bellicis fu composto da uno scrittore a noi ignoto nel IV secolo. L’ipotesi cronologica che difende la datazione dell’opera al 368 d.C. circa, quindi all’età di Valente e Valentiniano, è quella più diffusa e accolta dagli studiosi. In ogni caso l’opera fu scritta fra l’epoca di Costantino e la sconfitta ad Adrianopoli.
Nell’opera l’autore propone diverse soluzioni alla crisi dello Stato Romano, a problemi di carattere economico, amministrativo, sociale (capitoli 1-5 e 20-21) e militare (capitoli 6-19). L’impostazione scarsamente realistica di proposte politiche come quella di recludere in un’isola tutti gli operai che lavorano alla coniazione delle monete per tenerli lontani dal contatto con altre persone (a societate prohibiti) evitando in questo modo frodi monetarie, e di proposte militari come il tichodrifus (congegno formato da due cortine di vimini inchiodate l’una all’altra e provvisto di ruote che dovrebbe permettere all’esercito di avanzare verso i nemici senza essere visto) o l’ascogefyrus (un ponte smontabile di otri gonfiati dai soldati in caso di necessità), hanno suscitato opinioni che contestano la serietà del trattato. Dopo un lungo periodo in cui si era ritenuto l’autore un inventore geniale e un profondo conoscitore dell’amministrazione imperiale e dei dettagli del sistema finanziario e fiscale romano, oggi prende forza l’ipotesi che l’opera debba essere letta piuttosto come un prodotto immaginativo, giocoso, e in ogni caso come frutto di un atteggiamento critico verso la politica e la morale dell’epoca.
Il risultato finale raggiunto dall’autore è un trattato breve di natura molto eterogenea, a metà strada fra il trattato polemografico e il pamphet politico, da leggere fra le righe e sempre con spirito critico. [D. Paniagua]