Edizione di riferimento:
Prisciani Caesariensis Opuscula. Vol. II: Institutio de nomine et pronomine et verbo; Partitiones duodecim versuum Aeneidos principalium. Edizione critica a cura di M. Passalacqua, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1999, pp. 5-41.
L’ Institutio de nomine et pronomine et verbo è sorella minore anche in ordine temporale delle monumentali Institutiones grammaticae, dette anche, meglio, Ars. L’opera risponde ad un’esigenza di carattere pedagogico e viene a collocarsi, insieme alle grammatiche di Foca, di Eutiche, dello ps. Remmio Palemone, al secondo libro di Sacerdote, alle Regulae dello ps. Agostino, nel gruppo dei manuali latini chiamati ‘regulae type’ (esame di una o più parti del discorso basato sul criterio della classificazione, sull’abbondanza degli esempi e la sostanziale mancanza di citazioni); tali testi si differenziano dallo ‘Schulgrammatik type’ che annovera tra i suoi rappresentanti le Artes di Donato, Vittorino, Consenzio, le grandi Institutiones di Prisciano e che, partendo dalla definizione di ogni parte del discorso e dei suoi accidentia, arriva alla trattazione dei vitia elocutionis con ricca esemplificazione dagli auctores. Diversamente dalla filologia ottocentesca, che tendeva a privilegiare nei grammatici il recupero delle citazioni dei classici rispetto all’indagine della funzione che ciascuna tipologia era chiamata ad assolvere, negli ultimi decenni il grosso impulso avuto dagli studi di storia della linguistica e l’interesse accentratosi sul mondo irlandese e anglosassone nell’epoca più tarda della romanità e dell’alto medioevo ha dimostrato la diffusa conoscenza che si ebbe in questo periodo del piccolo trattato. L’ Institutio de nomine, puntando sulle declinazioni e sulle terminazioni del genitivo per quel che riguarda i nomi e su una chiara divisione di modi tempi e persone per quanto attiene ai verbi, forniva una base essenziale di morfologia, diventava un importante complemento di Donato che fondava il suo sistema sul genere e dava a persone che non avevano il latino come lingua madre la possibilità di un apprendimento rapido e della comprensione del testo base per le loro necessità, la Bibbia. L’ Institutio de nomine viene così usata da Bonifacio, Tatuino, Malsacano, dagli autori delle Declinationes nominum, dell’Ars Ambianensis e dell’Ars Bernensis fino a Paolo Diacono e Pietro da Pisa ed il manualetto gode di grande popolarità fino a tutto il sec. IX. In seguito, non riuscendo più a soddisfare l’ampiezza degli interessi culturali del mondo carolingio, la sua fortuna va calando per risalire prepotentemente nell’umanesimo. [M. Passalacqua]