Edizione di riferimento:
Ciceronis Orationum Scholiastae. Asconius, Scholia Bobiensia etc., recensuit Th. Stangl, Hildesheim 1964, pp. 269-273 (Reprografischer Nachdruck der Ausgabe Wien 1912).
Il ms. London, British Library, Add. 47678 (C), olim Holkhamicus 387, vergato in carolina minuscola a Tours nella prima metà del IX secolo, successivamente posseduto dall'abbazia di Cluny (numerato 498 in un catalogo di metà XII sec.), è il più antico manoscritto a noi pervenuto che trasmette nell'ordine il corpus delle orazioni catilinarie, cesariane e le invettive in Verrem (Reynolds, Texts and Transmission, 61-2; vd. anche Munk Olsen 1982, 207-208). Il codice, gravemente mutilo, la cui storia è stata ricostruita da Peterson (Collations from the Codex Cluniacensis 1901;), preserva una serie di glosse e scoli marginali e interlineari ad alcuni passi delle Catilinarie (esattamente Cat. I, 33; II, 1-2; 4-5; III, 15; 24; IV 1; 4; 9; 10), della pro Marcello (9; 13; 17; 20; 31), della pro Ligario (12; 21; 24; 37), della pro rege Deiotaro (1-2; 8; 12; 19; 25- 26; 29), e della seconda Actio in Verrem (II, 2, 1-5; 8). C è indicato dagli editori come il capostipite della famiglia a di mss. delle Catilinarie: da C derivano (attraverso un intermediario perduto) i mss. Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. Lat. O.2, parte II (V), scritto in Francia nel X secolo, e Milano, Biblioteca Ambrosiana, Ambrosianus C 29 inf. (A; Baiter 1863), scritto in Francia tra X e XI secolo. A conserva alcune note marginali alla Quarta Catilinaria e alle tre orazioni cesariane, che trovano esatta corrispondenza in C: pubblicati da A. Mai (Auctores classici e Vaticanis codicibus editi, II, Romae 1828, 269-76) e Orelli (M. Tullii Ciceronis Opera quae supersunt omnia ac deperditorum fragmenta, V, 2, Turici 1833, 370-73), gli scoli di A sono stati successivamente integrati (e parzialmente corretti) con le note contenute in C da Peterson nel 1901 e definitivamente editi con la dicitura Scholia Cluniacensia et recentiora Ambrosiana da Thomas Stangl nel 1912.
Gli scholia Cluniacensia et Ambrosiana, glosse marginali di diseguale lunghezza, presentano scarso interesse per la tradizione testuale e per la storia della ricezione del testo ciceroniano nella tarda antichità. Si tratta per lo più di note di ordine linguistico (e.g. Statorem] Confirmatorem: Cat. I, 33 p. 269, 2 St.; Periculo] Experimento: Deiot. 2 p. 272, 13 St.) o esplicazioni più ampie di aspetti di natura retorica o prosopografica. Unica osservazione di un qualche valore per la trasmissione del testo ciceroniano la discussione della lezione praetexta calumnia nello scolio a Cat. II, 4 (Quem amare in praetexta calumnia coeperat: p. 269, 21 St.). Praetexta calumnia è lezione della stragrande maggioranza dei testimoni medievali (praetexta calumnia è anche nel papiro di Barcellona di IV-V secolo, edito da R. Roca Puig, Barcellona 1977): lo scoliasta discute anche la lezione praetextata calumnia, variante la cui origine è rintracciabile nella tradizione esegetica (lo scolio recita praetextatam aliqui legunt calumniam, non praetextam). Sulla scia di Lambino, gli editori moderni hanno correttamente designato calumnia glossa o annotazione marginale, frutto dello scioglimento dell'abbreviazione K (cfr. Velio Longo GL VII, 53, 6 = 21, 7 Di Napoli: Et qui ‘k' expellunt, notam dicunt esse magis quam litteram, qua significamus ‘kalumniam', ‘kaput', ‘kalendas'; cfr. anche Scaur. p. 15, 11-14) posta a margine del manoscritto a indicare l'accento di biasimo dell'espressione ciceroniana (Cicerone deride l'effemminatezza dei complici di Catilina rimasti in città) e successivamente penetrata nel testo (in una fase piuttosto antica della trasmissione) [G. La Bua]