Edizione di riferimento:
Symmaque, Lettres, texte établi, traduit et commenté par Jean-Pierre Callu, Paris, Les Belles Lettres, voll. I-IV, 1972-2002.
L’epistolario di Simmaco è stato raccolto in dieci libri, raggruppati prevalentemente in base ai destinatari delle circa 900 lettere e pubblicati verosimilmente dal figlio dell’autore, Quinto Fabio Memmio, poco dopo la morte del padre, avvenuta tra il 402 e il 403. Dei testimoni, solo il Parisinus 8623 (sec. IX) conserva le intestazioni complete e la divisione in libri: tra gli altri manoscritti si segnalano il Vaticanus Palatinus 1576 (sec. XI), definito dal Seeck deteriorum optimus, e il Luciliburgensis 27 (sec. XII). Alla definizione della tradizione, inoltre, contribuisce un numero consistente di florilegi, excerpta e diversi codici Ausoniani (il poeta di Bordeaux, legato a Simmaco da profonda amicizia, è uno dei suoi interlocutori privilegiati).
Le lettere sono generalmente brevi e dai contenuti molteplici: si va da questioni strettamente personali (viaggi, matrimonio dei figli) ad argomenti politici, passando per le incombenze connesse al rango di Simmaco, prestigioso membro dell’aristocrazia senatoria (raccomandazioni, richieste rivolte a personalità di pari grado). Studiate principalmente dagli storici, le lettere di Simmaco aiutano senza dubbio a definire meglio il quadro dei rapporti sociali e politici vigenti negli ultimi decenni dell’Impero. Sul piano propriamente letterario, sono caratterizzate da un’estrema cura formale, a dimostrazione di quanto l’autore le ritenesse pienamente funzionali al suo ruolo politico: anche nella più semplice salutatio Simmaco non rinuncia a “vestirsi in abito impeccabile da cerimonia” (La Penna), nel contesto della preferenza per una breuitas intessuta di metafore, citazioni dotte, sententiae, vocaboli rari in cui si ravvisa soprattutto l’influenza di Frontone, oltre a quella, inevitabile, di Plinio il Giovane. [V. Del Core]