Edizione di riferimento:
Anthimi De obseruatione ciborum : ad Theodoricum regem Francorum epistula, iteratis curis edidit et in linguam germanicam transtulit E. Liechtenhan, Berolini 1963 (Corpus medicorum latinorum, 8. 1).
L’Epistula Anthimi De observatione ciborum è un piccolo trattato medico-dietetico in forma epistolare (cf. Boscherini 2000), scritto agli albori del VI secolo, il cui destinatario è il re dei Franchi Teodorico, che regnò a Metz fra il 511 e il 534 (anni che costituiscono i termini post quem e ante quem per la datazione dell’opera; sono state anche avanzate proposte per una cronologia più precisa, cf. Paolucci 2002, p. 12 sgg.).
Il testo dell’epistola è trasmesso da nove manoscritti collocabili fra il IX e il XVII secolo, indicativi della notevole fortuna del testo nel corso del tempo (cf. Caparrini 2008, p. 333; sulla tradizione manoscritta dell’Epistula Anthimi, cf. Liechtenhan 1963 pp. XI-XVIII; Grant 1996, p. 43-44).
L’opera, che si situa all'intersezione di tre generi letterari (il trattato medico-dietetico, l’epistola, il ricettario, cf. Paolucci 2002, p. 57), contiene indicazioni per una corretta alimentazione, secondo una terapeutica praticata mediante remedia; le indicazioni di natura pragmatica, espresse con uno stile sintetico e un lessico pregnante, ed organizzate secondo una funzionale dispositio materiae, hanno per lo più carattere preventivo.
Ne emerge un concetto di diaeta essenzialmente coincidente con l’observatio ciborum, col corretto comportamento alimentare, volta al mantenimento della sanitas, che si ottiene attraverso l’assunzione di cibi ben cucinati e facilmente digeribili, e poca importanza è dedicata alle δυνάμεις dei cibi; nel corso nell’opera sono disseminati sparuti cenni all’antica teoria umorale.
L’Epistula Anthimi si configura anche come lettera aperta, funzionale alla divulgazione; accanto infatti all’utenza dichiarata, Teodorico, si affiancano anche altri destinatari (i sani e gli infermi, i Franchi, i Goti - come è evidente dalla presenza di lessemi eterogenei del testo - e chiunque voglia seguire i suoi precetti). I copisti hanno subito còlto questa potenzialità della destinazione testuale ed hanno inventato per le loro inscriptiones anche destinatari anacronistici. Il trattatello di Antimo è anche un libro di cucina e mostra interessanti relazioni intertestuali con altri ricettari prodotti nei medesimi ambienti di circolazione (ad esempio il coevo ricettario di Vinidario, preservato nel celebre codice Salmasiano, Par. Lat. 10318).
L’Epistula Anthimi presenta un singolare pastiche linguistico (cf. Jax 1953; Flobert 1999): l’opera è infatti scritta in un latino di VI secolo, che Antimo apprese alla corte dei Goti, arricchito di gallicismi, germanismi (cf. Klein 1953) e grecismi (utilizzati dall’autore a livello lessicale e sintattico, più o meno consapevolmente).
L’Epistula è stata in passato accomunata ad altri prodotti di arti minori e ritenuta senza pregio letterario (si è parlato di barbaries linguistica), ma recentemente sono stati evidenziati un significativo dominio della scrittura da parte dell’autore ed un notevole grado di elaborazione retorica nella prefazione (cf. Paolucci 2002, p. 97 sgg.). Quest’ultima, infatti, dominata da uno schema oppositivo, semantico e sintattico, è caratterizzata dalla ricerca della perspicuitas del testo - attraverso l’uso di una ricca aggettivazione, di paragoni, similitudini, aneddoti, proverbi - nonché dall’impiego del cursus trispondaicus e del planus nei luoghi salienti dell’opera, e si differenzia dal resto della trattazione, che ha volutamente un livello stilistico inferiore.
Per quanto riguarda le fonti da cui Antimo ricava i suoi praecepta, va detto che egli cita genericamente degli auctores, ma non ne svela l’identità: la loro identificazione, rimasta pressoché intentata fino agli inizi di questo secolo (cf. Paolucci 2002, 23 sgg.), ha condotto all’individuazione di fonti greche (il De alimentorum facultatibus e l’Ad Glauconem de medendi methodo di Galeno, il Dioscoride greco) e latine (Gargilio Marziale, i Dynamidia). [Paola Tempone]