Edizione di riferimento:
Grammatici Latini, VII. Scriptores de orthographia. Terentius Scaurus, Vellius Longus etc., ex recensione H. Keilii, Hildesheim 1961, 320-362 (reprografischer Nachdruck der Ausgabe Leipzig 1880).
L’opera, conservataci integralmente solo nei codici Bernensis 336 (B) e Monacensis 6434 (M), entrambi del IX sec, reca nel primo il titolo Audacis de Scauri et Palladii libris excerpta per interrogationem et responsionem con cui oggi si suole farvi riferimento. Come appare evidente dal titolo stesso, questo testo di carattere grammaticale è sviluppato secondo la tecnica di domanda e risposta. Dopo alcuni concetti introduttivi, l’A. si sofferma sull’accentazione, sulla metrica (in particolar modo sull’esametro), sugli elementi grammaticali e sui barbarismi. Il capitolo relativo al nome è particolarmente significativo per comprendere il carattere epitomatorio di un’opera che dipende da diverse fonti: mentre in fase introduttiva si fa riferimento alla qualitas, al genus, al numerus, alla figura e al casus, solo quest’ultimo viene analizzato nello specifico, sebbene nel capitolo riguardante la congiunzione sia espressamente detto che il concetto di figura è già stato trattato nel capitolo dedicato al nome. Dei libri di Scauro e Palladio cui si riferisce il titolo non vi sono notizie precise: la prima parte dell’opera, che molto ha in comune con l’Ars di Vittorino, sembra comunque doversi ricondurre al grammatico Quinto Terenzio Scauro, mentre la seconda, che ha elementi che la mettono in relazione con gli Instituta artium di Probo, va collegata con un Palladio non altrimenti noto (Keil). [S. Mollea]