Edizione di riferimento:
The works of Ausonius, edited with Introduction and Commentary by R. P. H. Green, Oxford 1991.
La Gratiarum Actio è l’orazione che Ausonio pronunciò di fronte all’imperatore Graziano, di cui era stato maestro e tutore, per ringraziarlo di averlo insignito del consolato. Il discorso fu tenuto a Treviri, allora sede della corte imperiale, nella seconda metà del 379 d.C.
L’opera non si distacca dai precedenti del genere panegiristico e si allinea ai suoi canoni: elogio dell’imperatore, tono servile, abbondanza di arguzie, gusto per antitesi e paradossi, per cui le cose più comuni sono viste come inusitate e straordinarie. Del tutto insolito è invece il largo spazio che l’autore dedica all’autocelebrazione, al punto che l’orazione è stata da più voci giudicata un panegirico laudativo più per il dicitore che per il celebrando (Pichon 1906, p. 168). Ausonio, professore della scuola di Bordeaux di origini non nobili, con il consolato assurge ai fastigi degli onori: la carica lo inorgoglisce tanto da spingerlo a mettere in particolare rilievo la propria figura, anche a scapito del vero oggetto dell’elogio. Se, infatti, Graziano è accostato ad antichi sovrani e oratori omerici del calibro di Menelao, Ulisse e Nestore, che egli naturalmente supera per erudizione, eloquio e saggezza, Ausonio si paragona a precettori imperiali quali Seneca, Frontone e Fabio Tiziano e il confronto è naturalmente in favore del maestro di Bordeaux. Lo stesso elogio delle virtù di Graziano diventa motivo di vanto per colui che le ha sviluppate. Emblematica in questo senso è la parte dell’opera in cui Ausonio, con straordinaria minuziosità, passa in rassegna la lettera con cui l’imperatore gli conferisce il consolato (45-54), dove è ravvisabile l’impronta del maestro che esamina con orgoglio l’opera del suo allievo migliore ed elogiandolo fa automaticamente ricadere su se stesso il plauso per il buon lavoro fatto. [A. Borgna]