Edizione di riferimento:
Manlii Seuerini Boetii Opera omnia, accurante J.-P. Migne, tomus posterior, Parisiis 1891, 711-762 (Patrologiae Latinae, 64)
Il volume LXIV della Patrologia Latina raccoglie tutte le opere di Boezio e, tra le versioni dal greco dei saggi dell'Organon, include anche la traduzione degli Analytica Posteriora. I testi pubblicati a cura di J. P. Migne derivano dall'opera omnia dello stesso Boezio edita nel 1546 da Heinrich Loriti (Glareanus), che aveva ricavato le traduzioni boeziane delle opere logiche di Aristotele dall'editio princeps di Jacques Lefèvre d'Étaples (Jacobus Fabrus Stapulensis). Costui, nel 1503, aveva stampato la prima versione latina dell'Organon: le traduzioni dell'Isagoge, delle Categorie e del De Interpretatione, certamente attribuite a Boezio, erano accompagnate da una versione anonima degli Analytica Posteriora. Nelle successive pubblicazioni dell'edizione Stapulense, però, il nome di Boezio era stato erroneamente anteposto all'intera raccolta: in questo modo egli diventava, per tutti, il traduttore dell'Organon nella sua interezza e, fino al 1862, nessuno ha mai messo in dubbio la paternità della versione «vulgata» dei Secondi Analitici (Minio-Paluello 1968). Essa, però, non può essere attribuita a Boezio: il confronto con le traduzioni certamente boeziane (ad es. quelle dell'Isagoge di Porfirio, delle Categorie e del De Interpretatione di Aristotele) ha messo in luce un numero ragguardevole di differenze lessicali, sintattiche e stilistiche nella resa del testo dal greco; la medesima analisi ha, invece, permesso di attribuire la traduzione a Giacomo Veneto, un colto prosatore bilingue del XII secolo che, come Boezio, si era dedicato alla versione dal greco in latino del corpus aristotelico; tale attribuzione è suggerita anche da una nota marginale alla traduzione «vulgata» dei Posteriora riportata nel cod. Oxford, Balliol College 253 (f. 242r), del secondo quarto del XIII sec. (Minio-Paluello 1952).
Anche se ad oggi non è stato trovato nessun manoscritto dei Secondi Analitici latini di Boezio, egli, dopo il 510, dichiarò di averli tradotti (In Cic. Top. I, PL 64, 1051b: «ab Aristotele transtulimus»; De Rijk 1964). Le parole di Boezio, da sole, non sono sufficienti a garantire l'effettiva esistenza di questa traduzione: già in un'altra occasione egli si era contraddetto, dichiarando, in merito ai Priora, che li aveva già tradotti e, successivamente, che aveva intenzione di farlo (De syll. Cat., PL 64, 822B e 829D-830D) (Minio-Paluello 1968). Non si può neppure negare con certezza che la traduzione boeziana dei Posteriora sia effettivamente esistitia: forse non è giunta fino a noi perché fu trascritta di rado a causa della grande complessità del trattato (il più avanzato e difficile della logica noua) e per lo scarso interesse nutrito nell'Alto Medioevo per l'ars demonstrandi. Di fatto, le più antiche traduzioni latine degli Analytica Posteriora attualmente in nostro possesso risalgono al XII secolo: la prima dovrebbe essere quella di Giacomo Veneto (collocabile verosimilmente nel secondo quarto del secolo); seguono quella dall'arabo di Gerardo da Cremona e quella di un traduttore anonimo testimoniata nel ms. 17.14 della Bibl. Capit. di Toledo (Minio-Paluello 1952).
Cassiodoro e Isidoro non fanno mai riferimento a una traduzione boeziana dei Posteriora e nessuno, prima della metà del XII secolo, sembra conoscere l'esistenza di una qualsiasi versione latina di quest'opera di Aristotele. Nel 1159 Giovanni di Salisbury, allievo di Teodorico di Chartres e suo successore al soglio episcopale di quella città, ricorda nel Metalogicon l'esistenza di una traduzione latina dei Posteriora: egli dichiara che i contenuti di questo trattato erano considerati di difficile comprensione e di scarso interesse dato che solo pochi filosofi si occupavano di dimostrazioni matematiche; per queste ragioni il testo era corrotto e carico di errori di trascrizione; gli esempi addotti, inoltre, erano desueti e, per questo, inutilizzabili (4.6, 171 Webb = PL 199, 919); questo passo sembra dare prova dell'esistenza di una versione latina dei Posteriora più antica rispetto alla data di composizione del Metalogicon; nessun elemento ci permette, però, di risalire al suo autore. Anche Robert de Torigny, abate di Mont-Saint-Michel, dopo aver menzionato nella sua Chronica (1157-1169 ca., Chron., 114 Howlett, 177 Delisle, 489 Bethmann = PL 160,443-4) la traduzione di Giacomo Veneto, ricorda l'esistenza di una versione latina più antica: anche in questo caso, però, non vi è alcun riferimento esplicito a Boezio (Haskins 1914).
Nella Biblioteca Capitolare di Toledo è conservato un manoscritto dell'inizio del XIII secolo proveniente dalla Gallia identificato dalla segnatura 17.14: esso contiene tre traduzioni latine degli Analytica Posteriora seguite dalla traduzione latina del commento di Temistio alla medesima opera. La seconda traduzione è quella di Giacomo Veneto, la terza è quella dall'arabo di Gerardo da Cremona; la prima traduzione, anonima, è preceduta da una prefazione: il traduttore dichiara di essersi cimentato nell'opera perché la traduzione latina di Boezio era incompleta e i frammenti ritrovati erano poco comprensibili perché la tradizione era corrotta. In effetti, alcuni codici latini degli Analytica Posteriora riportano il testo in maniera parziale e assai scorretta: nei punti in cui una parola era lasciata in greco nella loro fonte, a volte, inseriscono la dicitura «grecum» (es. Avranches 227, sec XIII ex.), altre volte propongono traslitterazioni latine incomprensibili (es. Ambrosiana R. 55 sup., sec. XIII); questa evidenza, però, non è sufficiente per attribuire a Boezio questi frammenti di traduzione (Ebbesen 1973).
Anche il copista del ms. Toletano 17.14 è piuttosto scorretto: le versioni latine dei tre traduttori presentano frequenti errori e omissioni; il codice è ricco di glosse interlineari e marginali di mani successive che correggono, aggiungono e a volte chiarificano il senso del testo. Due varianti riportate in nota vengono attribuite esplicitamente a Boezio: la prima è aggiunta alla traduzione dell'anonimo, la seconda a quella di Gerardo da Cremona; dato che, però, queste due varianti offrono una versione del testo identica a quella di Giacomo Veneto, è probabile che l'autore delle correzioni abbia erroneamente attribuito a Boezio le parole di Giacomo (Minio-Paluello 1968). [M. Ferroni]