Edizione di riferimento:
Manlii Seuerini Boetii, Opera omnia, accurante J.-P. Migne, tomus posterior, Parisiis 1891, 159-294 (Patrologiae Latinae, 64).
Verso la fine del secondo commento all'Isagoge, Boezio annuncia ai lettori la sua intenzione di redigere anche un commento alle Categorie di Aristotele; l'opera fu composta sicuramente dopo il 510, anno in cui Boezio fu nominato console: nella prefazione al secondo libro, infatti, l'autore riferisce che i doveri imposti da quella carica lo hanno distratto dagli studi filosofici (PL 64,201; De Rijk 1964). L'esegesi di Boezio, per sua stessa ammissione, trae spunto dall'opera di Porfirio: sin dalla prefazione egli dichiara apertamente di seguire i ragionamenti del filosofo di Tiro («nos nunc Porphyrium sequentes» PL 64,160), del quale probabilmente conosceva «Le cinque voci» (PL 64,187). Boezio desume da Porfirio la tesi idealista secondo cui l'intelletto conoscente e l'oggetto conosciuto sono nozioni relative tali che una implica l'altra (PL 64,233) e concorda con lui anche sulla necessità di conservare intatti gli ultimi capitoli delle Categorie (i Postpraedicamenta) perché, anche se aggiunti da un editore successivo, essi costituivano il necessario completamento dell'opera di Aristotele (PL 64, 263). Il confronto tra i testi mette in evidenza come gran parte delle riflessioni di Boezio dipendano dal commento alle Categorie redatto da Porfirio: questa è la fonte da cui Boezio trae, ad esempio, l'allusione a Erminio, esegeta greco del II secolo (PL 64,212). È probabile, però, che Boezio non attingesse direttamente dagli scritti di Porfirio, ma da qualche commentatore successivo che aveva ripreso il commento di quest'ultimo alle Categorie, come Giamblico o Simplicio (Chadwick 1986).
Nella prefazione Boezio si dice intenzionato a redigere anche un secondo e più approfondito commento alle Categorie, così come ha fatto per l'Isagoge e per il Peri hermeneias: egli afferma che il commento che sta compilando in quel momento costituisce un'introduzione elementare ad argomenti di maggior impegno e che avrebbe affrontato le questioni relative all'intenzione, all'utilità e all'ordine «in alio commentario quem componere proposui de eisdem categoriis ad doctiores» (160A); questa affermazione, presente nel testo boeziano a partire dall'edizione Rota del 1543 e nelle successive dipendenti da essa (Basilea 1546 e Migne PL 64), non trova alcun riscontro nei manoscritti più antichi delle Categorie e nelle prime edizioni a stampa (Schepps 1897; Brandt 1903; Chadwick 1986). In un buon numero di manoscritti e in alcune delle prime edizioni a stampa si dichiara che il commento boeziano alle Categorie in essi contenuto è la «Prima Editio»; in nessun caso, però, si fa accenno a una eventuale «Secunda Editio». Il codice Bernese 363 (IX sec., Berna, Burgerbibliothek) conserva, però, un frammento di un commento latino alle Categorie che potrebbe provenire dalla supposta «Secunda Editio» di Boezio: il testo, in effetti, presenta molte affinità con il secondo commento di Giamblico ripreso da Simplicio (Hadot 1959).
Dal commento di Boezio alle Categorie il lettore latino ricavava una spiegazione abbastanza efficace della struttura e del significato dell'opera. Delle dieci categorie (sostanza, quantità, qualità, relazione, attivo, passivo, quando, dove, possesso, posizione) viene chiarito che non riguardano solo le distinzioni verbali e che non sono neanche puri concetti mentali: sono significanti di cose che esistono di fatto. Dopo aver classificato le realtà esistenti dividendole tra sostanze e accidenti e, poi, tra universali (generi o specie) e particolari (individui), Boezio analizza le distinzioni tra genere, specie, differenza, proprietà e accidente. Il secondo libro affronta il problema della quantità, una categoria che comprende una grande varietà di argomenti; segue una lunga discussione sulla relazione: è necessario che gli elementi che la costituiscono (es. padre/figlio o servo/padrone) si implichino a vicenda e che siano convertibili. Il terzo libro analizza la qualità, con alcune osservazioni su attivo e passivo; il resto del libro si attiene strettamente a Porfirio, compresa la spiegazione della stringatezza di Aristotele a proposito di attivo e passivo: essi sono trattati per esteso nel De generatione et corruptione e nella Physica. Il quarto e ultimo libro tratta i Postpraedicamenta, i contrari, il tempo e la simultaneità, il mutamento e il possesso. Boezio spiega con grande precisione l'analisi aristotelica dei contrari, dei quali alcuni sono contraddittori, mentre altri non lo sono; alcuni ammettono posizioni intermedie (il grigio tra il bianco e il nero) e altri no (tra il pari e il dispari non vi è alcun medio); in ultimo egli definisce l'induzione come una raccolta di singoli casi e una riduzione, attraverso di essi, alla conoscenza universale e conclude presentando le specie di moto (Chadwick 1986). [M. Ferroni]