Edizione di riferimento:
A.M. Severino Boezio, De hypotheticis syllogismis, testo, traduzione, introduzione e commento di L. Obertello, Brescia 1969 (Coll. Logicalia: testi classici di logica 1)
Il testo tratta in termini aristotelici dei sillogismi ipotetici, analizzati già da Teofrasto ed Eudemo in due opere perdute [Obertello 1969, p. 9]; è dunque importantissimo per il confronto della logica Aristotelica con la scuola stoica, che alla logica prestava grandissimo interesse. Una trattazione simile si trova peraltro già in un lungo scolio greco agli Analitici di Aristotele [Bobzien 2002]. Boezio accenna all’argomento anche nel suo commento ai Topica di Cicerone e nel De differentiis topicis, entrambe posteriori al De hypotheticis syllogismis.
La data di composizione non è nota, ma certo posteriore al 515, data del secondo commento del De interpretazione [Obertello 1969, p. 125]. La tradizione del titolo non è univoca: nelle prime edizioni, a partire dalla princeps stampata a Venezia nel 1491-92, il titolo era al singolare - De syllogismo hypotetico. A partire dalle osservazioni di Brandt [Brandt 1903] si usa il titolo al plurale.
Il trattato è diviso in tre libri (fino a Obertello veniva diviso in due. Per le ragioni della tripartizione, v. [Obertello 1969], p. 136), con la seguente scansione:
La prefazione dedica l’opera a un amico di Boezio non individuabile (l’identificazione con Simmaco non pare sostenibile [Obertello 1969, pp.131-132]. Questo è il punto in cui vengono citati Teofrasto ed Eudemo, noti quasi certamente a Boezio per via indiretta.
Preliminare alla trattazione è la distinzione fra sillogismi categorici e ipotetici, a partire dal significato di “ipotesi”, che Boezio prende in considerazione solo nel senso di “metodo di deduzione logica, per mezzo del quale la conseguenza si enuclea, secondo la connessione o la disgiunzione, dalla condizione posta in precedenza” [Obertello 1969, p. 111]. Per Boezio, i sillogismi ipotetici si distinguono in tre figure, come in Aristotele quelli categorici. Il primo libro è probabilmente il più originale, rispetto agli altri in cui Boezio si appoggia maggiormente a fonti precedenti [Striker 1972]; successivamente, passa nel secondo e terzo a discutere dei sillogismi che le proposizioni ipotetiche consentono. La terminologia aristotelica è tradotta in latino: propositio o sumptum indicano la premessa maggiore; assumptio la minore; conclusio - evidentemente - la conclusione. Passa poi alla classificazione dei sillogismi: quelli formati da due predicative e quelli formati da predicativa e ipotetica. La condizionalità si verifica solo se la conseguenza è causata dall’ipotesi in oggetto e non da una causa esterna. Passa poi ad analizzare le otto combinazioni possibili di proposizioni formate da predicativa previa e ipotetica, e relativi sillogismi validi; poi alle otto combinazioni di prima condizionale e seconda categorica, e relativi sillogismi validi.
Nel terzo libro si analizzano seconda e terza figura. Per le proposizioni che danno origine o meno a sillogismi concludenti Boezio conia i termini inaequimodae (sedici proposizioni valide e sedici no per entrambe le figure) ed aequimodae (otto per entrambe le figure, tutte non valide). Si passa poi alle proposizioni con due ipotetiche nelle varianti a tre e quattro membri, in sedici conformazioni, che generano quaranta sillogismi. Segue, come da tradizione aristotelica, la trattazione delle proposizioni disgiunte.
Il trattato si trova citato nelle Institutiones di Cassiodoro e viene tradotto anche in greco per il pubblico bizantino [Nikitas 1982]. Dopo un periodo di oscurità, risorge nel X secolo, in particolare attraverso il Codex Renati, redatto a Costantinopoli nel VI secolo, studiato da Gerberto di Aurillac e Abbone di Fleury [Stoppacci 2017]. Il suo influsso è presente nella dialettica di Abelardo, e in generale il De hypotheticis syllogismis diviene importantissimo come fondazione della logica medievale, almeno nella sua prima fase, tanto da essere considerato come l’anello di congiunzione tra la logica antica e quella nuova [Martin 2009].
L’edizione di riferimento, Obertello 1969, si basa solo su alcuni manoscritti. Il numero dei testimoni dell’opera è amplissimo e manca una recensio completa. Per la natura assai complessa dell’opera, che comprende numerosi simboli e formule spesso ripetitive, o distinguibili solo per un vel o una negazione, sia la costituzione del testo sia la sua comprensione sono spesso impervie. [M. Manca]