Edizione di riferimento:
Monumenta Germaniae Historica, auctorum antiquissimorum tomus XI, Chronicorum minorum saec. IV. V. VI. VII., vol. II, ed. Th. Mommsen, Berolini, 1894, 120- 161
– Nuova edizione: M. Klaassen, Cassiodorus’ Chronica, Text, Chronography and Sources, diss. University of Pennsilvania, Ann Arbor 2011 (http://www.scribd.com/doc/183929553/Cassiodorus-s-Chronica#scribd)
– Traduzione inglese di B. Procee, 2014
http://www.roger-pearse.com/weblog/2014/12/29/cassiodorus-chronicle-now-online-in-english/
La nomina di Eutarico (Flavius Eutaricus Cillica Witheri filius) a console per il 519, avvenuta nel 518, fu un avvenimento di straordinaria importanza per tutto lo scacchiere politico corrispondente a quello che era stato il vecchio impero di Roma. Erano trascorsi esattamente 25 anni da quando era stato nominato console un altro Goto, nientemeno che Teoderico, ora re in Italia, e la carica prometteva di essere solo la premessa di ulteriori grandi sviluppi della carriera politica di questo Visigoto di origine ostrogotica, di gente Amala, tornato fra il popolo dei suoi antenati e divenuto genero del re, di cui aveva sposato l’unica discendente diretta, la figlia Amalasunta; suo collega nel consolato era addirittura l’imperatore d’Oriente, Flavius Iustinus Augustus, Giustino I, divenuto imperatore proprio nel 518 a quasi settant’anni, analfabeta – dice Procopio – e rozzo ma furbo militare. Unito all’imperatore dalla carica e dal gentilizio Flavius, Eutarico veniva così implicitamente designato come futuro successore del sessantaquattrenne Teoderico a capo del regno gotico, ma la sorte volle diversamente perché Eutarico morì presto, nel 522.
Fra il 518 e il 519, probabilmente il 1° gennaio di quest’anno, Cassiodoro pronunciò nella curia Libertatis, scelta non a caso, una sua laudatio; gli dedicò anche i Chronica che si concludono appunto con i consoli del 519, addirittura invertiti di posto, in modo che il nome di Eutarico precedesse, contro ogni prassi, quello dell’imperatore. L’opera consiste in una lista dei consoli dal 509 a.C. al 519 d.C. - a Bruto et Tarquinio usque ad consulatum vestrum, sicut ex Tito Livio et Aufidio Basso et paschali clarorum virorum auctoritate firmato collegimus - preceduta da una rapidissima descrizione delle epoche dall’origine del mondo all’istituzione delle repubblica, per un complessivo totale di 5721 anni: totus ordo saeculorum usque ad consulatum vestrum colligitur annis VDCCXXI.
Nell’uso delle sue fonti – in primo luogo Eusebio-Girolamo, ma anche Livio, Aufidio Basso e varie cronache e liste di consoli – Cassiodoro, oltre un’attenta revisione che riduce a pochi gli errori presenti nella sua opera, interviene soprattutto con una drastica riduzione delle notizie inserite come notevoli sotto il lemma di questo o quell’anno. In particolare il taglio riguarda le vicende di carattere religioso o ecclesiastico, sempre pericolose per i rapporti fra ariani e cattolici e fra occidente e oriente (ma non manca un significativo elogio di Ambrogio!), mentre sono più conservate quelle di carattere politico, a volte addirittura accresciute con interventi che integrano fatti relativi alla città di Roma o ai Goti, ovviamente presentati nelle forme più favorevoli ai Germani. Per il sacco di Roma del 410 si sottolinea che i Visigoti si comportarono in maniera molto rispettosa (Roma a Gothis Halarico duce capta est, ubi clementer usi victoria sunt); Adrianopoli (378) è ricordata come dimostrazione del valore gotico e della inadeguatezza di Valente, che cerca rifugio in una casa dove invece trova la morte; Pollenza (402) è una vittoria dei Visigoti su Stilicone, e non viceversa; la vittoria di Ezio sugli Unni ai campi catalaunici (451) è attribuita al valore delle truppe visigotiche di Teoderico I, morto nella battaglia, che erano alleate dei Romani. Particolare enfasi è usata per le imprese di Teoderico e dei suoi Ostrogoti: nel 489 felicissimus atque fortissimus dn. rex Theodericus intravit Italiam, e da allora è tutta una serie di vittorie e festeggiamenti che coinvolgono l’intera popolazione della penisola, e in particolare Roma e Ravenna; assai ampia è l’annotazione all’anno 500, per la visita del re a Roma.
L’opera è tramandata da due manoscritti, un Parigino del X s. e un Monacense dell’XI, i quali presentano rilevanti punti di contatto che fanno presupporre un comune antenato da loro non molto lontano: Mommsen pensa che siano entrambi copia di un manoscritto di Reichenau per noi perduto, ma che potrebbe essere quello su cui Giovanni Cuspiniano (Spiesshaimer) compose il suo De consulibus Romanorum Commentarij, ex optimis vetustissimisque authoribus collecti. ... cum eiusdem Cuspiniani eruditissimis Scholijs. Magni Aurelii Cassiodori Senatoris Chronicon, sive de Consulibus Romanorum Libellus, passim Cuspiniani Commentarijs insertus, Basileae 1553. [G. Polara]