Edizione di riferimento:
T. Pritchard, The ‘Ambrose’ Text of Alexander and the Brahmans, in «Classica et Mediaevalia» 44, 1993, 109-139.
Il testo latino del Commonitorium Palladii è traduzione di un operetta greca dalla tradizione complessa, giuntaci in redazioni diverse e per vie diverse, greche e latine. Il titolo, con cui lo si indica normalmente, Commonitorium, è nome adatto propriamente alla prima parte dell’operetta, consistente in una lettera che l’autore, identificato verosimilmente nell’originale greco col Palladio vescovo di Elenopoli in Bitinia tra IV e V secolo, invia ad un destinatario di cui non viene detto il nome, contenente un compendio di notizie sull’India e sui filosofi Bramani di fonte almeno parzialmente autoptica. Essa accompagna una seconda parte, presentata come tratta da Arriano e indicata come De gentibus Indiae et Brahmanibus, che contiene il resoconto di una conversazione tra Alessandro Magno e i Bramani circa il loro stile di vita ascetico e si intreccia con la tradizione del Romanzo di Alessandro, poiché interpolata in alcune delle sue redazioni greche (non nella redazione più antica α e quindi non nella traduzione latina di Giulio Valerio che con essa si apparenta; v. scheda). Il primo testimone di questa seconda parte dell’operetta è un papiro greco datato al II secolo d.C. giuntoci frammentario, la cui datazione alta esclude che l’autore ne sia realmente Arriano. A questo testo, tra fine IV e inizio V secolo, Palladio premette la prima parte, il Commonitorium propriamente detto, e opera una forma di rimaneggiamento con una superficiale cristianizzazione. L’opera che ne risulta sarebbe stata ulteriormente rimaneggiata, in due fasi diverse, nei decenni successivi, generando una versio ornatior e una versio ornatior et interpolata. Appare condotta sulla versio ornatior la principale e più antica traduzione latina del testo, qui riprodotta, che alcuni codici attribuiscono, senza fondamento, ad Ambrogio: di essa ha pubblicato un’edizione Telfryn Pritchard nel 1993, basata su quattro codici, che è quella qui presa come di riferimento. Una nuova edizione ne è in preparazione da parte di chi scrive insieme a Marc Steinmann, dopo averne rintracciati 27 testimoni manoscritti che vanno dal IX al XVI secolo, in gran maggioranza contenenti il testo completo. [R. Tabacco]