Edizione di riferimento:
Grammatici Latini, V. Artium Scriptores minores. Cledonius Pompeius Iulianus etc., ex recensione H. Keilii, Hildesheim 1961, 338-385 (reprografischer Nachdruck der Ausgabe, Leipzig 1868).
Nella forma in cui ci è giunto per tradizione manoscritta, il De nomine et verbo di Consenzio appare come un’opera monografica sulle due più importanti parti del discorso individuate dalla grammatica antica, il nome e il verbo. Tuttavia, in virtù di una serie di riferimenti a passi che non troviamo nel resto dell’opera superstite dell’autore, è opinione comune che il De nomine et verbo facesse parte, insieme al De barbarismis et metaplasmis, di una grammatica più ampia. La discussione del nome è articolata in sei accidentia: qualità (comune, proprio); comparazione (grado positivo, comparativo, superlativo); genere (maschile, femminile, neutro, comune, epicoenus); numero (singolare, plurale); figura (semplice, composta); caso (nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, ablativo). Quella del verbo in sette accidentia: genere (attivo, passivo, neutro, deponente, comune); qualità (definita e indefinita), che si articola in modi (indicativo, imperativo, ottativo, congiuntivo e infinito) e forme (perfetta, frequentativa, meditativa e incoativa); tempo (preterito imperfetto, perfetto, piuccheperfetto, presente e futuro); numero (singolare e plurale); figura (semplice e composta); persona (prima, seconda e terza); coniugazioni (prima, seconda, terza breve e terza lunga). La discussione di nome e verbo rispecchia quella dell’Ars maior del famoso grammatico Elio Donato, così da far ipotizzare che il De nomine et verbo sia basato o sull’opera stessa di Donato o su una fonte comune. La categorizzazione dei nomi risente anche dell’influsso di una fonte di Carisio. In generale, Consenzio elabora ed espande il testo della fonte donatiana. Sebbene il testo abbia perlopiù caratteristiche proprie della cosiddetta Schulgrammatik, un riferimento a paradigmi verbali che non si ritrovano nella parte superstite mostra elementi tipici dei testi cosiddetti di regulae.
La tradizione manoscritta del De nomine et verbo è interamente distinta da quella del De barbarismis et metaplasmis, ad eccezione del manoscritto di Monaco, Bayerische Staatsbibliothek Clm 14666 (s. ix), che contiene entrambi i testi. Gli altri due manoscritti utilizzati nell’edizione di riferimento di Keil sono quelli di Berna, Burgerbibliothek 432 e Leida, Bibliotheek der Rijksuniversiteit Voss. lat. o. 37, entrambi di nono secolo. Altri due manoscritti che contengono il De nomine et verbo per intero sono quello di Napoli, Biblioteca Nazionale IV A 34 e Bologna, Biblioteca universitaria 797, anch’essi di nono secolo. [T. Mari]