Edizione di riferimento:
Publilii Optatiani Porfyrii, Carmina, I: textus; adiectio indice uerborum; recensuit Iohannes Polara, Torino 1973, 4-6, (Corpus scriptorum Latinorum Paravianum).
Il corpus delle opere poetiche di Publilio Optaziano Porfirio è accompagnato nella maggior parte dei manoscritti da due lettere, una che si presenta come scritta da Costantino il Grande al poeta e l’altra da Optaziano all’imperatore. La maggior parte degli studiosi propende per l’autenticità delle lettere, e le utilizza come fonti per la ricostruzione della vita e dell’attività poetica di Optaziano, ma dubbi in proposito sono stati avanzati già a partire dalla metà del XVII secolo da Kaspar Barth, e più recentemente dall’ultima edizione commentata (1973), che preferisce pensare a un’esercitazione scolastica, e da Smolak (1989). In particolare per quanto riguarda la lettera di Costantino – che la Kluge (1924) ritiene addirittura opera personale dello stesso imperatore, e non della sua cancelleria –, ne contraddirebbe l’autenticità quanto si legge nella lettera di Teodosio ad Ausonio in cui si afferma che nessun imperatore prima di lui ha scritto personalmente a un poeta. Anche più rilevanti sono le contraddizioni sulla cronologia relativa delle due lettere: quella di Costantino parla di un primo invio di carmi da parte del poeta, quella di Optaziano fa riferimento a carmi inviati già in precedenti occasioni, dunque la lettera dell’imperatore dovrebbe precedere quella del poeta, ma la lettera di Optaziano si presenta altrove come primo contatto fra il poeta e Costantino, mentre quella dell’imperatore sembra dimostrare fin dall’inizio una maggiore familiarità.
Nella lettera di Costantino lo stile è decisamente lontano da quello delle cancellerie imperiali della tarda antichità, e alcune vistose imprecisioni sono strane in un testo proveniente dalla corte all’inizio del IV secolo: si parla di coturni per la commedia, ma soprattutto sono frequenti ripetizioni di termini e di nessi e veri e propri errori di grammatica, che alcuni editori hanno tentato in qualche modo di sanare. Il testo è costituito da una serie di luoghi comuni: nessuno può sperare di competere con Omero e con Virgilio, ma è lecito a tutti comporre versi; tuttavia si continua a scriverne, per opere teatrali, elegie e liriche; in alcune epoche i poeti sono poco apprezzati dallo stato, ma con un buon principe ricevono i meritati riconoscimenti; la poesia è più difficile della prosa, perché bisogna rispettare le norme metriche, e da questo punto di vista Optaziano è assai meritevole, perché alle difficoltà usuali ne ha voluto aggiungere di nuove con la complicatissima tecnica dei versus intexti. [G. Polara]