Edizione di riferimento:
Itineraria et alia geographica. Itineraria Hierosolymitana. Itineraria Romana. Geographica, edd. P. Geyer, O. Cuntz, A. Franceschini, R. Weber, L. Bieler, J. Fraipont, F. Glorie, Turnhout 1965, 407-410 (Corpus Christianorum. Series Latina, 175).
Sotto il titolo De nominibus Gallicis il f. 189v del manoscritto Vindobonensis 89 ci conserva una lista di diciassette voci, per lo più di ambito toponomastico, presentate appunto come galliche e accompagnate da una interpretazione latina: riproduzione in Blom 2011, p. 161. Il corpo principale del codice sembra essere stato vergato attorno all’800 nel monastero di Saint-Amand, fondato nella quarta decade del VII secolo nel nord della Francia. La sezione in cui compare il De nominibus Gallicis pare però doversi assegnare ad aggiunte operate (con ogni probabilità in base a un’altra fonte manoscritta disponibile in Saint-Amand) qualche tempo più tardi, attorno all’850, in Salisburgo, dove l’originario manoscritto era pervenuto abbastanza per tempo (Toorians 2008, p. 160; Blom 2011, p. 76).
Il documento viene indicato anche come Glossario di Vienna e – soprattutto – come Glossario di Endlicher, dal nome dello studioso Stephan Endlicher che per primo lo pubblicò nel 1836 (su di lui Toorians 2008, pp. 154-156). Ne offrono parziale attestazione altri manoscritti distribuiti su un arco cronologico che spazia dall’VIII al XV secolo (elenco in Blom 2011, p. 160): tutti ne riportano solo le prime quattro glosse, così che l’unico testimone per la forma più estesa dell’elenco resta il codice della Österreichische Nationalbibliothek di Vienna.
Se in esso la lista reca il titolo De nominibus Gallicis, in altri manoscritti le quattro glosse che vi si conservano appaiono sotto titoli differenti. Per questo Glorie 1965, pp. 407-410, pubblica l’intera lista come De urbibus Gallicis, mentre invece Blom 2011 preferisce pubblicare separatamente le glosse del Vindobonensis 89 (come De nominibus Gallicis, abbreviato DNG) e le quattro glosse del resto della tradizione (con il titolo De uerbis Gallicis, abbreviato DVG), designando il documento come “Endlicher’s Glossary” (=EG) quando ne tratta complessivamente.
Non è chiaro in quale rapporto stiano fra loro le due liste tramandate. Blom 2011, p. 166, tende a ritenere preferibile la proposta di Thurneysen 1924, p. 145, secondo cui il De nominibus Gallicis sarebbe una redazione ampliata di un originario nucleo costituito dalle sue prime quattro glosse. Il problema è connesso con quello della datazione. Zimmer 1893, sulla base della collocazione cronologica di altri testi con cui le quattro glosse del DVG figurano associate nella tradizione manoscritta, pensò che si potesse ricondurre un possibile archetipo dell’intero glossario di Endlicher alla Gallia centro-meridionale del V secolo: un’ipotesi che è rimasta a lungo prevalente (Luiselli 1981, p. 202).
Molto si è discusso anche sulla natura di questo documento dal punto di vista linguistico, perché in esso si mescolano vari apporti fra radici celtiche, elementi di latino volgare tardo, nonché, in apparenza, influssi germanici (Glorie 1967, p. 408; Blom 2011, pp. 180-181). Per esempio, secondo Luiselli 1981 (pp. 204, 208-210, 216), i lemmi del glossario furono ricavati nella Gallia di V secolo da un contesto di lingua gallica viva e ancora parlata, in possibile varia ibridazione con il latino, soprattutto dalle masse rurali, ma anche da strati sociali maggiormente acculturati, come alcuni monaci (per un’opzione spirituale in favore di una lingua semplice e popolare), o una parte di aristocrazia che non aveva ancora pienamente abbandonato quella che Sidonio Apollinare, con una nota e discussa espressione, definisce la sermonis Celtici squama (epist. III 3, 2; cfr. Giannotti 2016, pp. 138-140).
Su posizioni molto differenti si trova ora Blom 2011. A suo parere la designazione che introduce le voci del glossario come “galliche” va intesa in senso geografico più che non linguistico (pp. 180-181), e ci troveremmo di fronte a un documento stratificato nel tempo, e non in grado di deporre per il persistere di una lingua gallica ancora viva e parlata (cfr. anche Adams 2007, p. 299). Dopo avere sottolineato come la natura instabile dei glossari, soggetta a continui ritocchi e aggiustamenti, renda a volte problematico identificare un preciso luogo e momento per la loro formazione (pp. 167-168), Blom propone argomentazioni linguistiche intese a dimostrare che almeno alcune delle glosse devono essere state elaborate da un compilatore che parlava un dialetto germanico occidentale (pp. 168-172). Secondo Blom il piccolo glossario sembra aver attinto a fonti disparate, alcune delle quali probabilmente di natura letteraria e in latino: fra queste, egli propone di considerare in particolare evidenza l’Historia Francorum di Gregorio di Tours (cfr. già Toorians 2008, p. 180, a sviluppo di precedenti suggestioni di David Stifter). Su tali basi, Blom tende a collocare l’attuale configurazione del glossario di Endlicher in un’area molto più settentrionale e in un’epoca considerevolmente più tarda rispetto a quelle proposte da Zimmer e a suo tempo accolte da gran parte della critica. Del resto già in precedenza Toorians (2008, p. 180) ipotizzava che il glossario di Endlicher dovesse essere stato compilato in quello stesso monastero di Saint-Amand da cui originariamente proveniva il Vindobonensis 89, e in un arco fra il VII e gli inizi dell’VIII secolo: in un momento, cioè, in cui il gallico non era più una lingua viva, ma ne persisteva memoria sufficiente per cercare di interpretare, in modo più o meno corretto, i toponimi e le altre voci che vi vennero elencate. [F. Giannotti]