Edizione di riferimento:
Favonii Eulogii Disputatio de somnio Scipionis, édition et traduction de Roger E. Van Weddingen, Bruxelles 1957 (Collection de Latomus, 27).
Se fin dal Medioevo i Commentarii in Somnium Scipionis di Macrobio godettero di una fortuna e una diffusione notevoli a causa della mole e della qualità del commento (v. scheda), la Disputatio de Somnio Scipionis di Favonio Eulogio – l’altro commentario tardoantico al sogno di Scipione Emiliano narrato da Cicerone nel sesto libro del De republica – non ebbe la stessa sorte. Infatti, l’opera è tramandata da un unico manoscritto (Bibliothèque royale 10078-10095) e fu scoperta solo agli inizi del Seicento da Andreas Schott, che ne curò l’editio princeps (Cicero a calumniis vindicatus, Antverpiae 1613).
Dal punto di vista del contenuto, la Disputatio può essere suddivisa in due parti: nella prima Favonio affronta questioni relative ai numeri (§§ 1-19); nella seconda si occupa di astronomia e musica (§§ 21-28). Come Macrobio, Favonio paragona il Somnium Scipionis al mito di Er contenuto nel decimo libro della Repubblica di Platone e confuta le critiche degli Epicurei all’uso dei miti. L’autore parla della profezia di Scipione Africano secondo cui il suo discendente sarebbe salito al cielo nel suo cinquantaseiesimo anno d’età e afferma di voler spiegare, arithmeticis approbationibus, le leggi che determinarono la durata della vita di Scipione Emiliano (§ 1). I capitoli seguenti sono dedicati al numero, res aeterna, intellegibilis, incorrupta, cuncta quae sunt ui sua complectitur (§ 3). Secondo Favonio, il numero è quantitas congregabilis, a duobus initium lumen et in denariam metam crescendi accessione perveniens (§ 4). L’excursus numerologico è così strutturato: la Monade (§ 5); il numero due (§ 6); la Triade (§ 7); il quattro (§ 8); il cinque (§ 9); il sei (§ 10-11); il sette (§ 12-14); l’otto (§ 15); il primo e il secondo cubo, ovvero l’otto e il ventisette (§ 16-17); il cinquantasei, qui numerus Africani clausit aetatem, definito plenissimus […] quia et ordinem naturalem per analogiae consituit rationem et ex his partibus constat, in quibus est miranda perfectio, id est XXVIII duplicatis in summa (§ 18); infine il nove (§ 19).
La seconda parte riguarda l’armonia mundi (§ 21). Favonio afferma che per comprendere le leggi che regolano il movimento delle sfere celesti bisogna possedere nozioni relative alla musica (§ 22); in seguito, l’autore si occupa dei rapporti tra numeri e toni (§ 23) e tra numeri e accordi (§ 24-25) e delle relazioni numeriche e musicali che intercorrono tra le orbite celesti (§ 26-27). Favonio chiude l’opera rivolgendo a Superius le sue scuse per aver esposto tali argomenti non meditata sed tumultuaria lucubratione (§ 28).
Molto discussa è la datazione dell’opera. Secondo Courcelle (1958a, p. 213), Agostino avrebbe usato la Disputatio di Favonio come fonte per il ventiduesimo libro del De civitate Dei. Siccome gli ultimi due libri del De civ. furono composti molto probabilmente tra il 425 e il 426, Courcelle propone di datare la Disputatio tra il 388 – quando Agostino tornò in Africa e incontrò Eulogio – e il 426. Altri studiosi hanno suggerito datazioni diverse sulla base dei presunti rapporti tra la Disputatio e i Commentarii di Macrobio. Secondo Van Weddingen (1957, p. 7) e Cameron (1966, p. 33) Macrobio conobbe l’opera di Favonio, giacché proprio alla Disputatio sarebbe rivolta la critica contenuta in Comm. II, 4, 11 (quid in sonis pro littera, quid pro sillaba, quid pro integro nomine accipiatur adserere ostentantis est, non docentis). I due collocano l’opera tra il 390 e il 410. Sicherl (1958b, pp. 355-356), invece, sostiene che Favonio lesse Macrobio e recuperò da lui una citazione tratta dal Somnium Scipionis, ovvero interuallis disiunctus [scil. sonus] imparibus (tutta la tradizione diretta riporta coniunctus invece di disiunctus). Sicherl data l’opera tra il 400 e il 410. Secondo la critica più recente, infine, sia Macrobio sia Favonio attinsero da una fonte latina perduta; perciò non ci sarebbero i presupposti per fornire una datazione più precisa rispetto all’intervallo cronologico già proposto dagli studiosi novecenteschi, cioè quello che va dal 380 al 420 (Dorfbauer 2011a, pp. 504-505; Marcellino 2012, pp. 25-26). [G. Cattaneo]