Grammatici Latini, VI. Scriptores artis metricae. Marius Victorinus, Maximus Victorinus, Caesius Bassus etc., ex recensione H. Keilii, Hildesheim 1961, 630, 2-631, 12 (reprografischer Nachdruck der Ausgabe Leipzig 1874)
Il codice Paris, Bibliothèque Nationale, lat. 7530 (P), “une sorte d’encyclopédie des arts libéraux” (Holtz 1975, 99), è stato realizzato a Montecassino tra il 779 e il 796 (Holtz 1975, 106). Esempio tra i più antichi e tra i più studiati di minuscola beneventana, il codice di Parigi è un “livre du maître” destinato all’insegnamento e testimone dell’attività erudita e degli interessi culturali cassinesi al tempo di Paolo Diacono. Esso si presenta come una collezione di testi compatta, tanto che talvolta il passaggio da un’opera all’altra avviene senza soluzione di continuità. Il manoscritto è riprodotto su http://www.europeanaregia.eu/en/manuscripts/paris-biblioth-que-nationale-france-mss-latin-7530/en; in Passalacqua 1978, 279-280 e sul sito della BNF è presente ulteriore bibliografia; per gli aggiornamenti bibliografici a partire dal 1990 si rimanda alla Bibliografia dei manoscritti in scrittura beneventana online http://edu.let.unicas.it/bmb/. Questo manoscritto è testimone unico dei due frammenti anonimi de rhythmo e de iambico metro editi da Keil nei fragmenta parisina, e conserva anche la prima parte (GL VI 627, 2-14) del frammento altrettanto anonimo relativo alle clausole (de structuris) presente nel codice di Bobbio Napoli, Biblioteca Nazionale, lat. 2 (ex Vindobonensis 16) ed edito da Keil tra i Fragmenta Bobiensia. Il de structuris e il de iambico metro figurano in P ai ff. 35r, 23-35v, 36 all’interno di una serie di testi legati a Servio e in particolare tra due suoi scritti, il De centum metris e il De metris Horatii. Questo breve scritto sui metri giambici fu pubblicato per la prima volta da J. von Eichenfeld e S. Endlicher negli Analecta Grammatica, Wien, Beck 1837, 521.
L’anonimo autore – di cui non abbiamo notizie - si è servito della dottrina metrica di Giuba (metà del III sec. ca.: Schmidt 1997), espressamente ricordato in apertura del frammento. Come appare confermato da Rufino, GL VI 562, 11-18, Giuba è fonte comune del compilatore del frammento parigino e di Aftonio, GL VI 80, 5-7 per la teoria dei cinque tipi di piedi ammessi dal metro giambico (giambo, spondeo e le loro soluzioni, tribraco, dattilo e anapesto). Le analogie tra l’anonimo e Aftonio, GL VI 80, 7-81, 3 anche per quanto riguarda le possibili posizioni dei diversi piedi nel verso (per cui inoltre cfr. Efestione, 15, 17-23) e l’analisi dei versi comici latini, che spesso contravvengono alle leggi metriche per imitare il sermo cotidianus, inducono a ritenere che anche il resto della dottrina esposta nel frammento derivi da Giuba (Keil; Schanz – Hosius, t. III, § 606). [M. Callipo]