Edizione di riferimento:
W. F. Roscher, Die hippokratische Schrift von der Siebenzahl in ihrer vierfachen Überlieferung zum erstenmal herausgegeben und erläutert, Paderbornn 1913.
Il Περὶ ἑβδομάδων del corpus Hippocraticum ci è pervenuto in condizioni estremamente lacunose e di fatto la maggior parte di quanto siamo oggi in grado di conoscerne riposa proprio sulla sua traduzione latina tardoantica (De septimanis, o De hebdomadibus: Fichtner 2016 n. 58, pp. 57-58; citata anche come De numeris septenariis). Il trattatello appare, allo stato attuale, suddiviso in due parti di diverso argomento. La prima (capitoli 1-11) consiste in una introduzione di taglio filosofico che intende dimostrare come, nella corrispondenza fra macrocosmo e microcosmo, il numero sette rivesta una particolare importanza tanto per la costituzione del mondo quanto per quella dell’uomo. La seconda parte (capitoli 12-53) tratta invece una materia più specificamente medica, illustrando le cause delle febbri, le cure con le quali si possa affrontarle e i segni di una buona o cattiva salute (Beccaria 1959, pp. 14-15).
Il testo del De septimanis si conserva nei codici Ambrosianus G. 108 inf. (s. IX, ff. 3v-15r) e Parisinus 7027 (s. IX, ff. 32v-55r), con un ulteriore frammento nel Parisinus 11218 (s. IX, f. 100v: sept. 51-52; Paxton 1993, p. 650). I tre manoscritti sono dettagliatamente descritti in Beccaria 1956 (rispettivamente alle pp. 288-291, 151-152, 161-166; per l’ultimo vd. anche Vázquez Buján 2018). Quanto resta dell’originale greco e della versione latina è stato edito ad opera di Littré (1853, pp. 616-73 e 1861, pp. 430-466) e di Roscher 1913. Di recente è subentrata l’edizione di Kerstin Agge 2004 (19941).
Anche per questa traduzione si sono ipotizzate una collocazione cronologica attorno al VI secolo e nello stesso ambiente – forse la scuola medica di Ravenna – delle altre versioni che costituiscono l’Hippocrates Latinus (vd. scheda autore, con ragguagli sul relativo dibattito). [F. Giannotti]