Edizione di riferimento:
Itineraria romana. Itineraria Antonini Augusti et Burdigalense edidit Otto Cuntz ; conspectum librorum recentiorum adiecit Gerhard Wirth. Ed. stereotypa editionis primae, 1929. Stutgardiae 1990 (Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana).
Il titolo di Itinerarium Antonini intende attribuire la paternità di questa raccolta di itinerari all'imperatore Antonino Augusto, identificato solitamente con Antonino Caracalla (211-217 d. C.) o con uno degli Antonini; ma in realtà si tratta dell'opera di uno o più redattori – per noi anonimi – attivi nel tardo impero (IV-V sec. d. C.), che hanno riunito e ricomposto materiali di diversa cronologia e natura.
L'Itinerarium Antonini è un opuscolo composto di due sezioni indipendenti: il cosiddetto itinerarium provinciarum, che elenca una serie di percorsi stradali (itinera) attraverso l’Italia e le Province dell’Impero romano; l’itinerarium maritimum, che descrive alcune rotte marittime nel Mediterraneo e nel vicino Oceano. Nel suo insieme l’opera, così come ci è pervenuta, si presenta come un testo catalogico-descrittivo, una sorta di inventario dei luoghi del mondo antico ordinati secondo il filo conduttore della rete stradale. Essa è da ascrivere al genere geografico e appare elaborata non con intenti pratici (di organizzare un viaggio) ma con finalità latamente culturali e letterarie.
L’edizione critica più recente è quella curata da Otto Cuntz nel 1929 (collana Teubner) e ristampata nel 1990. La citazione dei singoli passi della fonte avviene di solito con il rinvio alle pagine e alle linee dell’edizione di Pietro Wesseling, Vetera Romanorum itineraria, Amsterdam 1735; tale riferimento è contenuto anche nell’edizione del Cuntz.
Nel suo insieme, l’Itinerarium provinciarum comprende 256 itinera, ossia percorsi terrestri, definiti da una rubrica o titoletto con l’indicazione dei due terminali (una località di partenza e una di arrivo) e della distanza totale, nonché dall'elenco delle tappe intermedie con le rispettive distanze parziali. Ecco un esempio: A Vercellas Laude m. p. LXX: Laumello m. p. XXV, Ticino m. p. XXII, Laude m. p. XXIII (It. Ant., 282,2,-283,2). In questo caso le singole tappe corrispondono a centri urbani ben identificabili e la somma delle distanze parziali coincide con la distanza totale. Le distanze, normalmente in miglia romane, sono indicate con la sigla m. p. e rappresentano la parte del testo con maggiori difficoltà di ordine filologico, in quanto le cifre sono soggette con una certa facilità a errori di trascrizione che oggi non si riescono a emendare. Gli intervalli fra le singole tappe sono estremamente variabili, ma in media si aggirano sulle venti miglia. In molti casi la descrizione è abbreviata, e sono tralasciate le stazioni minori.
Gli itinerari terrestri sono descritti a partire dalle Colonne d’Ercole, che segnavano, a ovest, il limite delle terre conosciute, e attraverso l’Africa settentrionale si spingono fino all’Egitto; poi tramite la Sicilia, la Sardegna e la Corsica percorrono l’Italia e le province orientali dell’impero, per risalire infine alle regioni danubiane e a quelle occidentali (Gallie, Spagna, Britannia). Sono elencati secondo una logica gerarchica: dagli assi principali di un territorio si passa a quelli secondari, vere e proprie ramificazioni verso le aree laterali.
Gli itinerari relativi all’Italia sono in tutto 71: di questi, 17 riguardano le tre isole maggiori (sette la Sardegna, uno la Corsica, nove la Sicilia) e 54 il territorio della penisola. Trasferendo su una carta geografica tutti i percorsi, si ricompone un ampio stralcio di quella che era la rete stradale dell’Italia fra III e IV sec. d. C. Mancano alcune strade (o loro tronchi) note da altre fonti, mentre altre risultano descritte più volte (ad esempio, la via Emilia). Le principali arterie che partono da Roma sono perlopiù definite con l’antico nome, che in alcuni casi si deve intendere riferito soltanto al tronco iniziale della via: come accade, ad esempio, per l’Appia, odonimo con cui si designa, nell’Itinerarium Antonini, il percorso dalla capitale a Reggio Calabria, mentre sappiamo che in realtà questo tragitto coincide con la nota strada consolare soltanto fino a Capua.
Il numero di volte con cui i terminali compaiono come punto di partenza o di arrivo di un percorso evidenzia la rilevanza di alcuni centri nell’ambito del sistema di comunicazioni della Penisola. Tra di essi spicca ovviamente Roma, con ben 14 itinerari; seguono Milano con 8, Aquileia con 6, Lucca con 5.
Discussa è la fonte degli itinerari terrestri, forse ripresi da elenchi ufficiali e attendibili, nell'ambito dell'amministrazione imperiale. Tuttavia il redattore li ha ricomposti e ordinati non senza difficoltà, secondo un criterio geografico, cercando di rispettare la ripartizione in province, e prendendo come capolinea di riferimento i centri nodali di ogni regione (ad esempio, in Italia Settentrionale, Aquileia, Milano, Bologna, Rimini).
Il tracciato di diversi percorsi risponde però a scelte soggettive prive di un effettivo valore pratico, in quanto non risponde alla logica di un collegamento stradale diretto fra i terminali, ma presenta curve e deviazioni che non sono giustificabili sul piano topografico.
Si nota poi, per i caratteri formali, l'inserimento di un gruppo di percorsi incentrati su Milano, i quali si distinguono per la qualifica delle tappe in civitates, vici e mansiones, e che sembrano voler sottolineare il ruolo di Milano come capitale dell’impero d’Occidente.
L'Itinerarium maritimum rappresenta una sezione autonoma rispetto a quello terrestre e risulta composto dall'assemblaggio di materiali di varia natura, che si distinguono anche per le loro caratteristiche formali. A un periplo dalla Grecia all'Africa, attraverso la Sicilia, con distanze in stadi, seguono alcune rotte dirette fra porti situati in regioni diverse all'interno del Mar Mediterraneo, quindi la navigazione di cabotaggio da Roma ad Arles, alcune rotte che si appoggiano a isole non solo del Mediterraneo ma anche dell'Oceano, tra Gallia e Britannia. Compaiono inoltre annotazioni di carattere economico e mitologico, secondo cliché diffusi nelle opere geografiche della tarda antichità.
Nel complesso, la sezione marittima si sofferma sulla parte occidentale del bacino del Mediterraneo, trascurando la parte orientale (Costantinopoli non è neppure citata), evidenziando una stratificazione compositiva oltre la fine del IV secolo d. C., fino agli inizi del VI secolo (come sottolineano G. Uggeri e P. Arnaud). [M. Calzolari]