Edizione di riferimento:
C. Rodríguez Alonso (ed.), Las historias de los Godos, Vandalos y Suevos de Isidoro de Sevilla, León, Centro de Estudios e Investigación San Isidoro - Caja de Ahorros y Monte de Piedad de León, 1975.
L’Historia Gothorum, Wandalorum et Sueuorum di Isidoro (CPL 1204), a cui Braulio di Saragozza si riferisce come De origine Gothorum et regno Sueuorum et etiam Vandalorum historia (renot. 31-32 Martín) è conosciuta oggi da una dozzina di manoscritti precedenti il 1300. L’ultimo editore ha distinto due diverse versioni del testo: una versione più breve e una più lunga. Il manoscritto migliore e più antico della versione breve è Paris, BnF, Lat. 4873 (XII, Francia settentrionale da un modello in scrittura visigotica), ff. 81va-86ra. Il migliore manoscritto della versione più lunga è Berlin, Staatsbibliothek, Phillipps 1885 (prima del 846, Verona), ff. 2v-21v, 22v-29r, che conserva l’edizione Carolingia del testo.
Anche se la struttura complessiva è la medesima, la versione più breve è diversa dalla più lunga. Le loro differenze non sono semplicemente una questione di varianti: entrambe trasmettono alcuni episodi in modo esclusivo; i contenuti di alcuni episodi conservati da entrambe le versioni differiscono considerevolmente; entrambe hanno un diverso esordio per la Historia Gothorum e per la Historia Wandalorum, e la Historia Gothorum ha un finale differente (la versione breve termina con la morte di Sisebuto nel 621, mentre la più lunga si conclude con il tempo di Suintila nel 626). Nel 1893 Theodor Mommsen riassunse le conclusioni di Faustino Arévalo per argomentare che nessuna di queste versione sarebbe di Isidoro. Entrambe dipenderebbero dalla sua opera, già completata ai tempi di Suintila: la più breve sarebbe un’edizione mutilata e rimodellata del testo di Isidoro, prodotta dopo la caduta del re Suintila; la più lunga sarebbe un testo interpolato della sua opera. L’ultimo editore, C. Rodríguez Alonso (1975), riprende la tesi di Hertzberg (1874), che difendeva l’esistenza di due edizioni diverse e successive del medesimo testo, entrambe scritte da Isidoro, essendo la versione più breve più antica della più lunga. Rodríguez Alonso arricchisce questa tesi con nuovi argomenti: Isidoro scrisse una prima versione del suo testo dopo la morte di Sisebuto; la riscrisse in una forma più lunga durante il regno di Suingila, per rispondere alle vittorie del re sulle ultime truppe bizantine in Spagna. Inoltre Rodríguez Alonso verifica anche che queste due versioni a volte usano fonti differenti per lo stesso avvenimento (un fenomeno difficile da spiegare se il testo della versione più breve rappresentasse soltanto una versione mutilata della più lunga), e che la versione più lunga spesso corregge la più breve (un dettaglio meglio spiegato se quella versione era più tarda di questa). Recentemente R. Collins ha suggerito che la versione più breve delle Historiae di Isidoro si potesse identificare con l’historiola perduta di Massimo di Saragozza (Isid. uir. 33 Codoñer). Questo spiegherebbe le fonti talvota differenti usate dal testo; i differenti punti di vista nel racconto; talvolta le diverse opinioni del medesimo avvenimento; e la mancanza di un autore esplicito di questa ‘versione’ in tutti i manoscritti che lo trasmettono. La versione più lunga del testo, al contrario, secondo Collins, è un testo proprio di Isidoro, che riassume e adatta l’opera di Massimo al tempo di Suintila.
In realtà il problema può essere anche più complesso. Ci sono prove di una terza versione ‘mista’ che circolava in Spagna delle Historiae di Isidoro, con un testo che è in larga parte il medesimo di quello lungo, ma che condivide con la versione più breve un gran numero di varianti e di episodi comuni. I manoscritti migliori che trasmettono questa versione furono tutti copiati nel XIII secolo (Madrid, Biblioteca Histórica Marqués de Valdecilla, Universidad Complutense de Madrid, 134 [XIIImed, Toledo su un modello proveniente da Santa-Cruz di Coimbra], ff. 53ra-57rb, 58ra-59rb; Madrid, Biblioteca Nacional, 1513, [1210-1220, Toledo (?)], ff. 24ra-38rb = Pelagius’ Liber chronicorum; Madrid, Biblioteca de la Real Academia de la Historia, 9/4922, Part I (ff. 1-98v) [1232-1233, León o Nájera], ff. 12r-24v = Chronica Naiarensis). Comunque, le prove più antiche, anche se indirette, che abbiamo di questa versione mista si possono già trovare nelle cronache Mozarabiche, dalla metà del secolo VIII. Infatti, queste prove sono le testimonianze più antiche dell’uso delle Historiae di Isidoro, in una qualsiasi di queste versioni. Mommsen e Rodríguez Alonso pensavano che questa versione mista derivasse da un singolo modello contaminato, che trasmetteva la versione più lunga del testo di Isidoro con vari marginalia tratti dalla versione più breve. Basando la maggior parte delle sue conclusioni sulla trasmissione testuale dei Chronica di Isidoro (nella maggior parte dei manoscritti le Historiae di Isidoro furono copiate accanto ai Chronica), J.C. Martín ha suggerito un’altra ipotesi: Isidoro stesso avrebbe prodotto anche questo testo misto poco prima di finire il suo lavoro. Sarebbe una sorta di testo di lavoro, tra la versione più breve e quella più lunga.
Le Historiae di Isidoro infatti, in qualsiasi delle sue versioni, sono una serie di tre testi brevi concatenati sul passaggio dei Goti, dei Vandali e degli Svevi attraverso la Spagna, che venivano a sostituire i Romani nella regione. I Goti e gli Svevi si stabilirono lì finché questi ultimi furono sconfitti dai primi e il regno Svevo cadde sotto il dominio del Visigoti; dopo una breve presenza in Spagna, i Vandali erano anche stati cacciati dai Goti, avevano attraversato lo stretto di Gibilterra e si erano stanziati in Nordafrica. Per questo, il testo di Isidoro cercò di fornire alla Spagna del settimo secolo un ricordo abbreviato e leggibile di questi tempi successivi all’impero, e con una interpretazione dei Visigoti come legittimi eredi dei Romani in tutta la Spagna, e del loro re come un monarca indipendente, che a Toledo giocava il ruolo dell’imperatore bizantino.
Con le Historiae di Isidoro, nella loro versione più lunga e mista, circolò anche un breve riassunto sulla storia dei Goti, a cui si fa riferimento come Recapitulatio o talvolta De laude Gothorum, di solito posto dopo la Historia Gothorum. Questo riassunto fu usato dal Liber Glossarum e circolò anche autonomamente in tre manoscritti carolingi dei secoli VIII-IX, in due dei quali insieme al De laude Spaniae di Isidoro. Il De laude Spaniae di Isidoro fu anche copiato nel manoscritto di Berlino, Staatsbibliothek, Phillipps 1885, ff. 1r-2v, prima della Historia Gothorum (come lo fu la Recapitulatio, subito dopo l’Historia Gothorum). Questo è l’unico manoscritto in cui questi testi ricorrono insieme. Comunque, poiché questo è anche il testimone più antico della versione più lunga di Isidoro, Rodríguez Alonso ritiene che il De laude Spaniae, la Historia Gothorum e la Recapitulatio formassero una serie, già concepita unitariamente da Isidoro, che doveva essere copiata insieme prima delle Historiae Wandalorum et Sueuorum. [R. Furtado]