Edizione di riferimento:
Macrobe, Commentaire au songe du Scipion, texte établi, traduit et commenté par M. Armisen-Marchetti, 2 voll., Paris 2001-2003 (Collection des Universités de France)
Il commento al Somnium Scipionis del De Republica ciceroniano ci è tramandato da oltre 230 codici, tra cui i sei più antichi risalenti al IX secolo (sulla tradizione manoscritta, cfr. Armisen-Marchetti), ed è l'unica delle opere di Macrobio ad esserci giunta integralmente. A partire dal Wissowa è stato considerato anteriore ai Saturnalia (così anche N. Marinone), sebbene gli studi più recenti (Armisen.Marchetti, Neri, Regali) propendano per considerarli, al contrario, posteriori.
I Commentarii si aprono con un'ampia introduzione dalla struttura ben definita, in cui vengono enunciati lo scopo del lavoro, il soggetto e il genere, i personaggi e le circostanze. Dei cinque capitoli di cui consta, i primi tre sono occupati da discussioni preliminari imposte dal soggetto trattato: un paragone tra il De Republica di Cicerone e la Repubblica di Platone, una confutazione delle critiche epicuree all'uso dei miti, una discussione sul valore e sulla tipologia dei sogni. Nel capitolo quarto vengono presentati il propositum dell'opera e poi le circostanze e i personaggi, fino al capitolo quinto che funge da passaggio al commento vero e proprio. Quest'ultimo, articolato in due libri, si presenta come un commento di natura filosofica, in cui, grazie alla maggiore libertà di cui gode il genere stesso dell'explanatio filosofica rispetto al commento grammaticale, il testo ciceroniano non viene esaminato integralmente, ma soltanto in quelle parti meritevoli di interesse; talvolta a poche righe di testo ciceroniano sono dedicati ampi capitoli di commento. Nel loro insieme i Commentarii risultano sei o sette volte più estesi del Somnium Scipionis, in un rapporto tra il testo di partenza e il commento di quasi uno a trenta (Flamant, Regali). Certamente Macrobio doveva avere sotto gli occhi una versione integrale del testo del Somnium, che segue con una certa regolarità: tutte le trattazioni traggono spunto, infatti, da frasi ciceroniane, rispettandone la successione e questo rappresenta un motivo di originalità del suo commento rispetto a quelli greci neoplatonici, che non rispettavano con altrettanta fedeltà l'ordine del testo commentato (Flamant).
Il cuore della trattazione è costituito da argomenti di pertinenza della filosofia razionale e dell'etica, quali il problema dell'origine, della natura e dell'immortalità dell'anima, e la classificazione delle virtù, ma è evidente l'intento pedagogico che muove l'opera, dedicata al figlio Eustazio, nel proposito di agganciare le diverse trattazioni alle scienze del quadrivio. Per questo in conclusione Macrobio può vantarsi di aver abbracciato la filosofia nella sua totalità (universa philosophiae integritas). Tale completezza era già del resto nello stesso Somnium Scipionis: come si evince, infatti, dal paragone iniziale tra Platone e Cicerone, l'obiettivo di Macrobio è quello di mostrare come l'intero pensiero antico e soprattutto le dottrine neoplatoniche siano presenti nel testo ciceroniano.
Come per i Saturnalia risulta complesso individuare tutte le fonti utilizzate nei Commentarii, ma si può con buona probabilità escludere una lettura diretta di opere intere di Platone, di cui piuttosto Macrobio ha conoscenza attraverso i commenti dei neoplatonici greci. Una fonte privilegiata è stata riconosciuta da taluni studiosi in Porfirio (L. Petit e H. Linke ), il cui nome, tuttavia, è menzionato in due sole occorrenze nei Commentarii. Pur rimanendo innegabile una certa influenza delle Enneadi di Plotino, anche se fortemente ridimensionata (P. Courcelle, W.H. Stahl), alla tesi di una fonte unica la maggior parte della critica contrappone quella di una pluralità di fonti (K. Mras, P. Henry).
Un'iniziale diffusione dei Commentarii solo all'interno di una ristretta cerchia di amici è dimostrata dal fatto che la revisione fatta da Memmio Simmaco e da Plotino Eudossio, nipote di Macrobio, avvenne su una copia privata (J. Flamant), mentre la prima citazione dei Commentarii risale al VI secolo con Boezio e dopo di lui essi sono ricordati da Cassiodoro fino a rappresentare una fonte per le Etymologiae di Isidoro di Siviglia. Da qui inizia una fortuna durata per tutto il Medieovo fino all'Umanesimo. [R. Piastri]