Edizione di riferimento:
Valeri Maximi Facta et dicta memorabilia, libri VII-IX, Iuli Paridis Epitoma, Fragmentum de praenominibus, Ianuari Nepotiani Epitoma, edidit John Briscoe, vol. II, Stutgardiae et Lipsiae 1998 (Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana).
L'epitoma di Ianuarius Nepotianus è una breve silloge della raccolta di exempla composta da Valerio Massimo in età tiberiana, dal titolo Facta et dicta memorabilia (compendiata interamente da Giulio Paride sempre in età tardoantica).
L'epitome, di datazione incerta, si articola in ventuno capitoli, costituiti da excerpta tratti dai primi tre libri valeriani (la sintesi si arresta a III, 2, 7). Gli argomenti principali trattati riguardano la sfera civile-religiosa romana, affiancata talvolta da esempi ripresi dal mondo greco e da altri popoli: le credenze religiose, le celebrazioni, il contemptus obseruantiae, l'aruspicina, i prodigi, i sogni, le antiche istituzioni, le usanze tradizionali e, infine, gli esempi paradigmatici di fortitudo, con l'introduzione accanto agli esempi valeriani (Orazio Coclite e Clelia) della figura di Sertorio.
L'opera ci è stata trasmessa dal codex unicus membranaceo Vaticanus Nepotiani 1321 del XIV sec. (Schullian), assai corrotto e di difficile lettura.
L'autore dimostra una certa autonomia rispetto all'originale: alla struttura retorica del παράδειγμα dell'originale applica modifiche di diverso genere, rispondendo al proprio gusto personale e coerentemente al principio della breuitas (igitur de Valerio Maximo mecum sentis opera eius utilia esse, si sint breuia), enunciato nell'epistola prefatoria, dedicata a un tale Victor. È la praefatio stessa il manifesto programmatico dell'opera: l'intento è chiaramente didattico, rivolto alla formazione retorica di un giovane di cui nulla sappiamo; l'opera di Valerio viene ritenuta materiale fecondo di studio, raccolta preziosa di exempla da cui attingere per l'attività oratoria, se sintetizzata e privata dalle digressioni quod legentium auiditati mora ipsa fastidio est; l'ammonizione finale caue hic aliud quam breuitatem requiras, quam solam poposcisti ribadisce con forza la natura di strumento di consultazione del compendio, in modo che il lettore non si aspetti più di quanto dichiarato dall'autore.
La libertà di criterio e di scelte linguistiche di Nepoziano si esplica, indipendentemente da Valerio Massimo e da Iulius Paris, in omissioni, aggiunte (l'aneddoto sull'arrivo di Scipione in terra africana 6, nov. 1; l'aneddoto sugli effetti miracolosi del pollice destro di Pirro 8, nov. 2), anticipazioni, posticipazioni suo Marte (recidam, ut uis, eius redundantia et pleraque transgrediar, nonnulla praetermissa conectam); inoltre, si deve a tale epitome il merito di colmare alcune lacune valeriane del I libro.
La fortuna medievale di Nepoziano è ragguardevole; testimonianza ne sono la citazione ennodiana, la conoscenza di Landolfo probabilmente dell'intera epitome, e la presenza cospicua di estratti dell'epitoma nei primi sei libri dell'Historia miscella di Paolo Diacono (Droysen, Ihm). Soltanto nel 1831 Angelo Mai ne pubblicò l'editio princeps. [N. Rosso]