Edizione di riferimento:
Palladii Rutilii Tauri Aemiliani Viri inlustris Opus agriculturae, De veterinaria medicina, De insitione, ed. R.H. Rodgers, Leipzig 1975 (Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana).
Il De veterinaria medicina (talvolta indicato anche come Mulomedicina secondo il titolo in uno dei manoscritti) costituisce il quattordicesimo libro dell’Opus agricolturae di Palladio, ma si discosta dai precedenti tredici libri per contenuto e tradizione manoscritta. Occupa parimenti una posizione a sé stante il XV e ultimo libro costituito dal carme De insitione (Sull’innesto).
Il De veterinaria medicina, concepito probabilmente come manuale e opera di consultazione di accompagnamento all’Opus agricolturae (vd. Zaffagno 1992, pp. 237-238; Meißner 1999, p. 303), tratta la cura delle patologie degli animali, esclusi quelli da cortile, ed è articolato in 65 capitoli ordinati secondo un preciso schema dei contenuti (vd. De Angelis 2013, p. 172): Rusticis cura secundum Graecos (1): offre rimedi per i contadini contro insolazioni, punture e morsi e funge da anello logico-argomentativo tra la sezione propriamente agricola dei primi tredici libri e quella veterinaria del quattordicesimo; Praefatio medicinae (2.1): è la vera introduzione in cui Palladio dichiara la natura complementare del testo e di aver usato come fonte quasi esclusivamente Columella, ed è accompagnata (2.2-3) da un elenco di prodotti naturali utili alla confezione dei farmaci che si indicheranno nell’opera (sulla praefatio vd. Zaffagno 1992). Seguono sei monografie di varia estensione, De boum medicina (4-21), De equini generis medicina (22-27), De mulini generis medicina (28), De ovium cura (29-32), Caprarum medicina (33-35), Porcorum medicina (36-38) e indicazioni aggiuntive tratte Ex aliis auctoribus Graecis (39-65) che riguardano soprattutto buoi (39-48) e cavalli (49-65).
Come Palladio stesso afferma (2.1), la fonte principale utilizzata per l’allestimento dell’opera è il De re rustica di Columella, da cui vengono tratti passaggi che sono riutilizzati quasi alla lettera, mentre tra le altre fonti impiegate spicca l’opera sull’agricoltura di Vindonio Anatolio. Josef Svennung ha concluso che circa due terzi del materiale deriverebbe da Columella e il restante terzo da Anatolio tradotto in latino (vd. Svennung 1927, p. 231. Cfr. anche Svennung 1935, pp. 24-25; Fröhner 1952, p. 145; Pellegrino 2007, pp. 11-31; Bartoldus 2014, pp. 39-40. Sulle fonti vd. anche Richter 1978).
La scoperta del De veterinaria medicina è piuttosto recente: risale al ritrovamento fatto nel 1903 in un codice Ambrosiano da Remigio Sabbadini, che giudicò però l’opera un’anonima compilazione medievale di estratti dei libri VI-VII di Columella, risalente forse al XII sec., opportunamente collocata nel codice tra l’Opus agricolturae e il De insitione per integrare una presunta omissione dell’opera di Palladio priva dei precetti sulla cura degli animali (vd. Sabbadini 1903, pp. 236-23; Sabbadini 1905). Il codice è stato successivamente rivalutato da Svennung come unico testimone della produzione integrale di Palladio, in cui veniva fatta rientrare a pieno titolo anche la sezione veterinaria, prevista dall’autore stesso proprio in quella posizione, e di cui lo studioso svedese offrì allora l’editio princeps (vd. Svennung 1925; Svennung 1926). Seguirono critiche in merito all’autenticità non solo del quattordicesimo libro ma anche del De insitione (vd. Windstrand 1928; Windstrand 1929), cui Svennung rispose con nuovi studi che portarono prove incontrovertibili circa la paternità palladiana (vd. Svennung 1928; Svennung 1929; Svennung 1935, pp. 24-25 [De veterinaria] e 46-93 [De insitione]), benché siano talvolta rimasti dei dubbi in alcuni studiosi, come Aldo Marsili che riteneva ancora come più probabile la ricostruzione di Sabbadini (vd. Marsili 1957, p. 7, n. 7).
Dopo la scoperta del codice Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana, C 212 inf. (M; XIII-XIV sec.), ritenuto a lungo codex unicus, nella sua edizione Robert H. Rodgers (vd. Rodgers 1975 ed.) ha messo a frutto anche il Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Vulcanianus 90B (v; XVI sec.) con il solo libro XIV segnalato da Gudmund Björck (vd. Björck 1938, pp. 146-150), e il Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barberiniano latino 12 (b; XIII sec.) che dopo l’Opus agricolturae reca estratti disordinati del De veterinaria e che fu segnalato dallo stesso Rodgers (vd. Rodgers 1968), anticipato in realtà da Sesto Prete che aveva indicato il materiale come pseudo-palladiano (vd. Prete 1968). Rodgers ha così definito i rapporti tra i tre codici, tra loro indipendenti (vd. Rodgers 1975 ed., pp. XVII-XX; Rodgers 1975 An Introduction, pp. 45-58): dall’archetipo discendono il subarchetipo perduto x, modello di M e v (quest’ultimo forse attraverso un ulteriore subarchetipo), e la raccolta di estratti (nello stemma Excerptor) modello di b. Successivamente sono stati rinvenuti estratti della veterinaria collocati prima dell’Opus agricolturae anche nel codice Birmingham, Oscott College, 20 (o; XV sec.) che presenta nel medesimo ordine gli stessi excerpta di b e con cui probabilmente condivide l’origine da una compilazione del XII sec. di presumibile origine francese (vd. Marshall 1978; Corsetti 1979).
Rispetto al resto dell’Opus agricolturae, il quattordicesimo libro fu probabilmente sempre piuttosto raro e poco conosciuto: Rodgers ha raccolto i pochi riferimenti medievali e moderni che sono probabilmente da ricondurre al De veterinaria medicina (vd. Rodgers 1975 An Introduction, pp. 51-53).
Dopo l’editio princeps di Svennung (Svennung 1926) fondata sul solo codice M, il De veterinaria medicina è stato riedito nell’edizione critica dell’opera omnia palladiana curata da Rodgers, attualmente di riferimento (Rodgers 1975 ed.). La prima traduzione dell’opera veterinaria di Palladio, negletta e scarsamente diffusa, fu quella in italiano di Aldo Marsili (Marsili 1957), recentemente segnalata all’attenzione degli studiosi da Alberto De Angelis (vd. De Angelis 2013, pp. 174-184), seguita da quelle (del solo libro XIV o di tutto l’Opus agricolturae) di Ana María Moure Casas in spagnolo (Moure Casas 1990), di Lorenzo Pellegrino in italiano (Pellegrino 2006), di John G. Fitch in inglese (Fitch 2012) e di Kai Brodersen in tedesco (Brodersen 2016). [Lorenzo Di Simone]