Edizione di riferimento:
Testamentum Porcelli. Text, Übersetzung und Kommentar. Abhandlung zur Erlangung der Doktorwürde der Phiosophischen Fakultät I der Universität Zürich vorgelegt von Nikolaus Adalbert Bott, Zürich 1972.
Il testo è stato rivisto da Raffaella Tabacco: sono state soppresse le cruces desperationis introdotte da Bott a tre hapax che possono essere interpretati, anziché come errori di tradizione, come neoformazioni a scopo comico (solivertiator, rixoribus, capitinas); è stata mutata la punteggiatura per unire de Thebeste usque ad Tergeste con quanto precede anziché con quanto segue; è stato introdotto l’inciso qui testamento meo interfuistis, caduto probabilmente per errore materiale nel testo di Bott; è stato introdotto tra i firmatari Tergillus signavit, caduto anch’esso probabilmente per errore materiale; si è ripristinata la lezione Celsinus al posto della correzione Celsinianus introdotta da Bott, che non appare necessaria.
Il Testamentum Porcelli è un breve scritto satirico in cui si immagina che un maiale prima di essere macellato faccia testamento e disponga dei suoi beni e delle parti del suo corpo. Terminus ante quem per la sua composizione sono due menzioni che ne fa Girolamo, affermando che veniva recitata dai ragazzi nelle scuole fra grandi risate (Commentarii in Isaiam 12, 1: Testamentum autem Grunnii Corocottae Porcelli decantant in scholis puerorum agmina cachinnantium; cf. In Rufinum 1, 17, ove Girolamo usa anche l’appellativo Grunnius per riferirsi al suo nemico Rufino). L’opera viene perciò generalmente datata al IV secolo. Il fatto che ci sia pervenuta in almeno sette codici, datati tra il IX e il XII secolo, conferma come si tratti di uno scritto che ebbe grande fortuna. Esso ha interessato dapprima i giuristi come esempio, sia pure parodistico, di testamento legale: l’autore mostra di essere bene a conoscenza della terminologia giuridica e della procedure, rivelandosi assai più raffinato di quanto non potrebbe a prima vista apparire. È stato poi oggetto di attenzione da parte degli storici della lingua per i suoi caratteri spiccatamente tardoantichi: in particolare nelle parole del cuoco si trovano costrutti che richiamano gli usi dell’Itala e della Vulgata. Negli ultimi decenni anche gli storici della letteratura vi hanno dedicato vari studi per la sua natura di componimento satirico, che ha una tradizione in scritti medievali e rinascimentali ove si ritrovano vari testamenti di diversi tipi di animali. I problemi interpretativi che il breve testo pone sono numerosi, a partire dagli hapax, considerati talora corruzioni del testo (Bott in tre casi: solivertiator, rixores, capitina), ma probabilmente neoformazioni a scopo comico. La comicità verbale è certo una delle cifre dell’operetta, a partire dal nome del protagonista, i cui tria nomina richiamano nel gentilizio Grunnius il grugnito del maiale e nel cognomen Corocotta un animale ibrido tra la iena e la leonessa, come ci attesta Solino (27, 26: hyaena …in Aethiopiae parte coit cum leaena, unde nascitur monstrum: corocottae nomen est), oppure un famoso bandito menzionato da Dione Cassio (56, 43, 3: Κοροκότταν γοΰν τινα ληστήν έν Ίβηρία άκμάσαντα…); il cuoco che deve uccidere il porcello porta il nome parlante magirus; i consoli eponimi sotto cui si immagina di redigere il testamento rinviano all’arte culinaria (Clibanato et Piperato consulibus), così come alcuni dei testimoni (Lardio, Ofellicus, Cyminatus, Lucanicus). Naturalmente i genitori oggetto di lasciti si chiamano Verrinus Lardinus e Veturina Scrofa. Sono numerosi anche i doppi sensi di natura sessuale e oscena. Un problema interpretativo complesso presenta il testo nel suo insieme, per identificarne i significati meno ovvi, e su di esso si è esercitata la critica: il testatore è stato identificato ora come la parodia di un soldato (Daube: pur essendo filius familias coi genitori viventi può disporre del suo peculium), ora più specificamente di un soldato barbaro condannato all’esecuzione capitale (Champlin: sulla base della sezione narrativa iniziale, in cui, nel corso di un breve dialogo fra il cuoco e il maiale, quest’ultimo viene apostrofato fugitive porcelle), ora addirittura di Gesù Cristo da parte di un oppositore del cristianesimo, forse ebreo (Aubert). [R. Tabacco]