Edizione di riferimento.
P. Vegeti Renati digestorum artis mulomedicinae libri; edidit Ernestus Lommatzsch, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri, 1903, pp. 3-277.
Tradizionalmente si è pensato che Vegezio avesse scritto soltanto due trattati tecnici, uno di tecnica militare, l’Epitoma rei militaris, e un altro di medicina veterinaria, i Digesta artis mulomedicinalis (ovvero Mulomedicina, secondo il titulus uulgatus dell’opera), entrambi in quattro libri Tuttavia, in tempi recenti l’ipotesi che il quarto libro dei Digesta artis mulomedicinalis sia stato, in realtà, un opuscolo indipendente sulle malattie bovine, intitolato probabilmente De curis boum epitoma (ex diuersis auctoribus), è diventata l’idea dominante.
Il trattato ippiatrico di Vegezio è tramandato in maniera totale o parziale da circa una ventina di codici; il responsabile di quella che ancora oggi è l’edizione di riferimento, E. Lommatzsch, ne conosceva soltanto dieci. Del primo libro, invece, esiste un’edizione critica recente di V. Ortoleva (Catania, 1999), che contiene anche la prefazione generale dell’opera. La tradizione manoscritta presenta l’opera sotto tre titoli diversi: Digesta artis mulomedicinae, Digesta artis mulomedicinalis e Mulomedicina.
Una volta ammesso che quello che la tradizione ha tramandato come libro quarto altro non è, in realtà, che un opuscolo (libellus) indipendente di medicina bovina (De curis boum epitoma), l’architettura dei Digesta artis mulomedicinae risulta articolata in tre libri di estensione disuguale. Il primo libro è preceduto da un prologo che funge da prefazione generale all’opera; questo primo libro contiene 64 capitoli dove vengono considerate la morva equina (1-20), le malattie che comportano la febbre (29-36), malattie interne (39-52), altre malattie (52-55, 61-63), le attenzioni necessarie per preservare la buona salute degli animali (56), e diverse potiones (57-60, 64). Il libro secondo presenta il resto delle malattie equine distribuite a capite ad calcem lungo 149 capitoli. Il terzo libro è formato da 27 capitoli: anatomia (1-4), caratteristiche fisiche (5-6), tasso di vita (7), e poi rimedi e preparazioni medicinali per trattare diverse patologie (7-27). Alcuni codici, inoltre, presentano un’interpolazione finale dopo il ventisettesimo capitolo del terzo libro, nella quale si aggiungono altre preparazioni indicate per trattare diversi sintomi e malattie.
Nella prefazione generale dell’opera, Vegezio difende la dignità del suo proposito di trattare in maniera sintetica ma completa la medicina veterinaria relativa ai cavalli, ricavando da fonti autorevoli e riassumendo in maniera organizzata quanto di utile da esse era stato scritto. Vegezio riconosce l’esistenza di precedenti nella tradizione latina (Pelagonio, Columella, Chirone e Apsyrto), ma per diverse ragioni il modo in cui la medicina veterinaria è considerata nei loro scritti non gli sembra soddisfacente; i primi due sono scrittori dotati di abbondante dicendi facultas, ma il primo si interessa ai trattamenti degli animali senza fornire con la necessaria ampiezza le istruzioni su come procedere (leui admonitione), mentre il secondo omette sistematicamente i sintomi e le cause delle malattie, come se i suoi lettori avessero ormai una competenza di base nella materia. Chirone e Apsyrto, invece, si esprimono in un linguaggio basso e poco elegante e i contenuti delle loro opere, anche se più completi, sono molto disorganizzati, il che ne impedisce una lettura agevole e proficua. Per giunta, il fatto che il prezzo elevatissimo di alcune preparazioni medicinali abbia spesso un effetto dissuasivo sui padroni, i quali sia per economia sia per prudenza non provvedono alla guarigione dell’animale malato, spinge Vegezio alla stesura della sua opera ad omnium utilitatem. (D. Paniagua)