Edizione di riferimento:
Incerti auctoris Epitoma rerum gestarum Alexandri Magni, cum libro De morte testamentoque Alexandri, iterum rec. Ph. H. Thomas, Leipzig 1966 (Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana).
L'operetta è tramandata nel codice di Metz (sec. X) che conserva l'Epitoma rerum gestarum Alexandri Magni (vedi scheda apposita), ma è presente anche in altri due codices Hispanienses. Contiene il racconto della morte di Alessandro in Babilonia, per avvelenamento, e della lettura del suo testamento, con un andamento assai simile a quanto è narrato nel Romanzo di Alessandro (III 30-33). Le analogie negli usi linguistici e nel ritmo della prosa, oltre al fatto che nel codice mettense la numerazione dei capitoli è consecutiva (Epitoma 1-86, De morte 87-123) hanno fatto pensare inizialmente che si trattasse di un’opera unitaria (Landgraf, Wölfflin), o quanto meno del medesimo autore (Romano). Sembra certo che il testo latino che abbiamo in mano delle due operette risalga al medesimo ambiente pagano del IV secolo d.C. (Ruggini), ma mentre l'Epitoma è un'operetta storica basata su varie fonti letterarie, il De morte potrebbe essere stato originariamente un documento di natura politica (così già Ausfeld), composto durante i primi anni dei diadochi per ragioni di propaganda e poi assorbito dal Romanzo di Alessandro. Clitarco e gli storici che lo seguirono, in particolare Curzio Rufo, Diodoro e Trogo Pompeo, avrebbero invece respinto questa versione dei fatti. La discussione fra gli studiosi è vivace circa la matrice politica precisa: in supporto di Perdicca intorno al 321 o ispirata da Poliperco nel 317 o ancora di ambientazione tolemaica. Non si può naturalmente escludere del tutto che si tratti di una composizione di pura fantasia, risalente ad epoca più tarda. L’ipotesi che si tratti della traduzione latina di un originale greco è comunque in armonia col fatto che quasi tutte le opere latine tardoantiche su Alessandro sono traduzioni o epitomi di qualche originale greco. [R. Tabacco]