Edizione di riferimento: The story of Apollonius, King of Tyre: a study of its Greek origin and an edition of the two oldest Latin recensions, by G. A. A. Kortekaas, Leiden 2004.
Del Romanzo di Apollonio re di Tiro si conservano già nei codici più antichi (IX sec.) due redazioni diverse e probabilmente indipendenti (Recensio A e Recensio B), variamente contaminate nei codici più recenti (un centinaio). Non vi è modo di identificarne l’autore, neppure per ipotesi, e non si hanno certezze sull’epoca della sua prima redazione; si ipotizza tuttavia con qualche fondamento che essa risalisse al III secolo d.C., ma si dibatte se fosse in greco o in latino. I pochi dati su cui si è ragionato si ricavano dal latino dell’opera, i cui caratteri tardo-antichi sono evidenti soprattutto nella recensio A, e dai contenuti, che testimoniano un gusto e tipologie tematiche tipiche della narrativa tarda, oscillante tra storia e leggenda: l’amore incestuoso del re Antioco per la figlia; l’enigma posto ai pretendenti di lei risolto da Apollonio; la fuga e le peregrinazioni di quest’ultimo; l’amore per lui della figlia del re Archistrato e la sua (apparente) morte nel partorire la figlia Tarsia; le disavventure di Tarsia divenuta giovinetta; il finale felice (Apollonio si riunisce con la figlia e la moglie, che non era morta e gli partorisce alla fine un figlio maschio). La menzione degli Aenigmata di Sinfosio ai capp. 42-43 non giova a ricavare un terminus post quem per la composizione, poiché la datazione stessa di Sinfosio è incerta e oscilla a seconda degli studiosi dal II al V-VI secolo; più significativa come terminus ante quem è una menzione di Apollonio in Venanzio Fortunato (VI-VII sec.) e in un lemma del trattato De dubiis nominibus, scritto in Gallia alla fine del VI secolo, che fa pensare ad un’origine in ambiente gallo-romano anche per la Historia Apollonii. Nei manoscritti più recenti si rileva la tendenza a trasformare Apollonio in un santo, benché rimangano nell’opera vari riferimenti a divinità e riti pagani e all’astrologia, per cui non si può parlare di una vera e propria revisione cristianizzante. [R. Tabacco]