Edizione di riferimento:
Velii Longi De orthographia, a c. di M. Di Napoli, Hildesheim 2011 (Collectanea Grammatica Latina 8.
Il De orthographia di Velio Longo, la cui datazione incerta si inscrive in un arco cronologico che va dal 62 d. C. al 179 d. C., insieme all’omonimo trattato di Terenzio Scauro, grammatico di età adrianea, costituisce la più antica monografia ortografica latina a noi pervenuta. Priva di una prefazione e di un epilogo, l’opera si articola in due parti: una prima sezione a carattere introduttivo dedicata alla litterarum potestas (cap. IV), preceduta da una sintetica rassegna delle litterae definitiones (cap. II) e da alcune riflessioni sulla distinzione tra vocali e consonanti (cap. III), e una seconda parte, più lunga, riservata all’analisi di singole questioni ortografiche suddivise in varie categorie secondo criteri non sempre perspicui (capp. V-XIV). L’assenza di un praefatio, il finale ex abrupto, alcune parti che sembrano essere blocchi compositivi a sé stanti (in particolare i capp. VI e XIII), unitamente alla presenza di alcune ripetizioni e incongruenze, hanno sollevato fin dall’editio princeps qualche dubbio circa la compiutezza e l’integrità dell’opera: di fragmentum parla infatti Fulvio Orsini nella lettera prefatoria dell’editio princeps (1587), di excerpta il Mackensen (1896) e poi il Bücheler (1915).
Tale interpretazione, peraltro priva di supporto nei dati che si possono inferire dalla tradizione manoscritta e contraddetta dalla presenza di richiami interni tra le diverse sezioni dell’opera, risulta ad oggi del tutto superata. Il carattere asistematico dell’esposizione veliana, che a tratti sembra riprodurre l’andamento discorsivo proprio di una conversazione colta tra pares - non a caso nell’incipit il grammatico si riferisce alla propria trattazione come a un sermo - deve invece essere ricondotto alla destinazione non meramente scolastica del trattato: il materiale ortografico viene selezionato e commentato in virtù di un pubblico di συνετοί, interessato alla subtilitas insita nelle singole questioni grammaticali prima ancora che a una loro organica trattazione. Nella sezione dedicata alla litterarum potestas, il grammatico non si sofferma su tutte le lettere, come fa Terenzio Scauro (capp. IV-V Biddau), ma solo su quelle che sollevano dubbi o perplessità (tra le vocali la ‘i’ e la ‘u’, tra le semivocali la ‘x’ e la ‘z’, tra le mute la ‘h’ e le gutturali ‘k’ e ‘q’); in maniera analoga nella seconda parte riservata alle cosiddette quaestiones, dove l’assenza di sistematicità si avverte in misura maggiore, l’indagine è condotta alla luce del più complesso e problematico rapporto fra scriptio ed enuntiatio, fra orthographia e orthoepia, vero leitmotiv dell’opera (notevoli sono anche qui le differenze con la monografia di Terenzio Scauro dove invece le varie quaestiones sono analizzate con tono prescrittivo in base alle quattro categorie di errori ortografici indicate dall’autore all’inizio della sua trattazione: adiectio, detractio, immutatio, annexio; cfr. Biddau p. 5, 4-5).
Ricca di citazioni poetiche, l’opera si configura come una preziosa fonte indiretta di testi di età arcaica altrimenti perduti, come i numerosi versi luciliani appartenenti al nono libro (vv. 369-370; 374-380 Marx) e tràditi nel solo De orthographia. Accanto agli autori arcaici, talvolta citati per confutare usi linguistici desueti, come il caso di Accio (p. 27, 13), si segnala la presenza di un ampio numero di citazioni virgiliane (ben 27 su un totale di 40), a riprova dell’auctoritas riconosciuta al poeta augusteo nell’ambito della recte scribendi scientia.
Complesso e tutt’ora aperto il problema legato all’individuazione delle fonti: oltre ai grammatici stricto sensu citati dall’autore, quali Varrone, Verrio Flacco, Niso, ricorrono nel De orthographia anche i nomi di quanti si sono occupati di questioni ortografiche a margine di altri generi letterari, come Antonio Rufo, ricordato anche da Quintiliano in inst. 1, 5, 43, e Cicerone, imprescindibile modello linguistico-lessicale. Accanto all’uso di fonti letterarie, grammaticali e non, si segnala l’utilizzo di materiale epigrafico (e. g. § VIII.1.1), indicativo di un approccio vivo e critico per i fenomeni linguistici, non ancora cristallizzato e piegato ad esigenze didattiche. Probabile, soprattutto per le sezioni dell’opera dedicate al rapporto fra ortografia e ortoepia, l’uso diretto o mediato di fonti greche, le stesse che potrebbe aver utilizzato Quintiliano, unico autore latino oltre all’ortografo a impiegare il tecnico ὀρϑοέπεια, spiegato in inst. 1, 5, 33 con la locuzione emendata cum suauitate uocum explanatio e in 1, 6, 20 con il più sintetico recta locutio. La fortuna dell’opera in età tardo-antica è attestata indirettamente dagli excerpta tràditi nella silloge ortografica di Cassiodoro sotto il titolo ex Velio Longo ista deflorata sunt (GL VII pp. 154-155). Le aggiunte presenti in Cassiodoro, lungi dal provare che nel VI sec. circolasse un testo longior rispetto a quello a noi pervenuto, sono tutte riconducibili al fondatore di Vivarium, animato da preoccupazioni didattiche verso i suoi monaci.
Il De orthographia giunge fino a noi attraverso un codice cartaceo della fine del XV sec., il Napol. IV A 11, copia di diversi antigrafi bobbiesi rinvenuti nel 1493 da Giorgio Galbiate, segretario dell’umanista Giorgio Merula. Del modello bobbiese del De orthographia, una miscellanea alto-medievale scritta in “littera longobarda obscura” come indica un catalogo della biblioteca di Bobbio redatto nel 1461, si perdono le tracce dopo la sua trascrizione ad opera del Galbiate (Ferrari, Le scoperte). Dal Napol. IV A 11 discendono, in un processo di filiazione successiva, tutti gli altri manoscritti nonché l’editio princeps curata da Fulvio Orsini nel 1587. Di lì a qualche anno il van Putschen pubblica nuovamente il testo all’interno dei Grammaticae latinae auctores antiqui (1605); questa sarà l’edizione di riferimento per più di due secoli, fino alla pubblicazione nel 1880 ad opera del Keil del VII volume dei Grammatici latini, dedicato agli scriptores de orthographia. [M. Di Napoli]