Edizione di riferimento:
Aristoteles Latinus I 1-5, Categoriae uel praedicamenta. Translatio Boethii - editio composita, Translatio Guillelmi de Meorbeka, Lemmata e Simplici commentario decerpta, Pseudo-Augustini Paraphrasis Themistiana, edidit L. Minio Paluello, Bruges-Paris 1961, 45-79 (Corpus Philosophorum Medii Aeui).
Nessuno ha mai messo in discussione il fatto che Boezio, verso il 510, abbia tradotto e commentato le Categoriae di Aristotele: egli stesso fa più volte riferimento alla sua traduzione e al suo commento e diversi autori a lui contemporanei o di poco successivi riferiscono dell'esistenza di queste due opere e le citano (es. Cassiodoro, Variae I,45.4 e Institut. II,18, Anecdoton Holderi, Usener p. 4). Per molto tempo, però, gli editori hanno attribuito interamente a Boezio un'edizione «composita» delle Categoriae costituita dalla fusione di alcuni passi certamente boeziani con quelli di un secondo traduttore e attestata in numerosi manoscritti successivi al X secolo; questa traduzione è stata pubblicata nell'editio princeps delle opere di Boezio (Boethii Opera, impressa Venetiis per Ioannem de Forlivio et Gregorium fratres, 1491) e in tutte le edizioni successive, inclusa quella del 1546 di Heinrich Loriti (Glareanus), dalla quale deriva il testo confluito nella Patrologia Latina di Migne (PL 64) [Minio Paluello 1943].
I manoscritti che offrono la traduzione latina delle Categoriae possono essere divisi in due gruppi: quelli che contengono il Commentarius di Boezio alle Categoriae con il testo di Aristotele frammentato sotto forma di lemmata e quelli che offrono il textus continuus della traduzione senza alcun commento. I lemmata presenti nel Commentarius sono sicuramente tradotti da Boezio; essi riproducono in latino circa i 2/3 dell'originale greco: Boezio, infatti, ha inserito nel suo Commentarius la traduzione dei passi di Aristotele che aveva intenzione di spiegare, omettendo quelli ritenuti non interessanti. I lemmata presenti nel Commentarius, estrapolati e giustapposti, non sono quindi sufficienti a ricostruire la traduzione completa del testo aristotelico. I manoscritti che riportano il textus continuus privo del commento posso essere suddivisi, a loro volta, in due categorie: molti codici riportano la traduzione «composita» diffusa a partire dal X secolo; un esiguo gruppo di manoscritti dell'XI secolo presenta, invece, una traduzione latina molto simile alla «composita» nelle sezioni coincidenti con i lemmata del Commentarius e diversa nelle restanti parti del testo (Einsiedeln 324; Parigi B.N. lat. 1788; Marciano Z.L. 497; Arras 862 [343]). Quest'ultima versione è integralmente di Boezio: essa coincide con quella citata da Cassiodoro (Institut. II, 10 = Mynors p. 114, 6-9) e da Isidoro di Siviglia (PL 82, 144) ed è coerente sotto il profilo linguistico e sintattico con le altre traduzioni certamente boeziane [Hadot 1960].
È probabile che l'autore anonimo della versione «composita» avesse a disposizione un'edizione del Commentarius di Boezio e un manoscritto greco delle Categoriae di Aristotele: mosso dalla necessità di ricostruire il textus continuus latino dell'opera, che non era in suo possesso, egli avrebbe estrapolato e giustapposto i lemmata di Boezio integrando le parti mancanti con una nuova traduzione dal greco: l'edizione «composita», dunque, sarebbe boeziana solo limitatamente alle sezioni di testo derivate dai lemmata del Commentarius (Minio Paluello 1943). Una seconda ipotesi vuole che l'anonimo traduttore medievale avesse a sua disposizione un codice molto danneggiato del textus continuus di Boezio: egli, per ripristinare una traduzione fruibile, avrebbe corretto quanto in suo possesso integrando le parti mancanti con una nuova traduzione dal greco (Minio Paluello 1961). Tra il VI e il IX secolo le uniche sezioni note del testo delle Categoriae sono quelle citate da Cassiodoro e da Isidoro; quest'opera di Aristotele divenne oggetto di studio da parte dei filosofi solo a partire dal X secolo: il rinnovato interesse per l'argomento e la difficile reperibilità del textus continuus boeziano potrebbero essere tra i motivi della nuova traduzione; poiché le attestazioni manoscritte dell'edizione «composita» non sono mai anteriori al X secolo ed essa è molto simile, sotto il profilo lessicale, alle glosse agli Opuscola Sacra di Boezio compilate nel medesimo secolo, è possibile che l'anonimo traduttore medievale l'abbia realizzata proprio in questo periodo.
Esiste anche la possibilità che entrambe le traduzioni siano state realizzate da Boezio in due momenti diversi: le sezioni più rudimentali della «composita» deriverebbero da un'originaria traduzione boeziana che l'autore avrebbe corretto e migliorato in un secondo momento a partire dal confronto con un altro manoscritto greco: alcuni degli slittamenti terminologici tra le due versioni, infatti, sono paragonabili a quelli presenti nelle due traduzioni dei Topici e del Perihermeneias; restano comunque poco chiare le ragioni per cui i due testi sarebbero stati collazionati tra loro. (Brams 2003).
La «composita», di fatto, ebbe grande successo: la conobbero e ne fecero uso Notkero di San Gallo, Abelardo, Alberto Magno e Pietro Ispano (Minio Paluello 1943). Essa è stata pubblicata da Lorenzo Minio Paluello nel 1961 nella collana Aristotele Latino (I, 1-5) con tre stili grafici diversi: le sezioni di testo identiche ai lemmata del commento sono rese in tondo; le parti integrate dall'ipotetico secondo traduttore sono in maiuscolo; le singole espressioni appartenenti ai lemmata che sono state modificate sono rese in grassetto. Gli asterischi, infine, indicano i punti in cui sono presenti delle omissioni rispetto al textus continuus di Boezio. [M. Ferroni]