Edizione di riferimento:
Ps. Aurelii Augustini Regulae, introduzione, testo critico, traduzione e commento a cura di Luca Martorelli, Hildesheim 2011 (Collectanea Grammatica Latina 7)
Le Regulae trasmesse sotto il nome di sant’Agostino sono un trattato sulle otto parti del discorso riconducibile in linea generale a quella tipologia di opere grammaticali che Vivien Law ha definito “regulae-type” e che è caratterizzata da una spiccata attenzione verso gli aspetti formali del linguaggio e dalla presenza – specialmente per le parti del discorso declinabili – di regole pratiche per la flessione ed elenchi, spesso anche molto lunghi, di esempi. La materia è suddivisa in nove sezioni (De nomine, De pronomine, De uerbo, De participiis, De aduerbiis, Item de aduerbiis, De coniunctione, De praepositionibus, De interiectione); la compresenza di due capitoli sull’avverbio è dovuta alla giustapposizione di fonti diverse e risponde probabilmente all’esigenza di rendere più completa una versione considerata insufficiente. È interessante notare come una di queste fonti appartenesse al genere ars (“Schulgrammatik type”), soprattutto perché anche altre sezioni dell’opera sembrano risalire a questa tipologia, ovvero il capitolo sulla congiunzione e, con meno sicurezza, quelli sulle preposizioni e sull’interiezione. La lunghezza dei capitoli è molto variabile: quelli dedicati al nome, al pronome e al verbo occupano oltre il doppio del testo rispetto ai rimanenti, come era d’altronde prevedibile. Per le parti del discorso declinabili il grammatico segue un’impostazione piuttosto rigida basata sull’enunciazione di una regola, la presentazione di un modello e l’elencazione di esempi più o meno numerosi. Per quanto riguarda il nome, la classificazione proposta prevede che i quattro generi trattati (neutro, comune, omne e promiscuo; sono trascurati, forse perché ritenuti meno difficili per il discente, il maschile e il femminile) siano ordinati secondo le possibili terminazioni, per ciascuna delle quali è presentato un nome-modello, di cui è fornita l’intera declinazione, e una lista di nomi che si declinano alla stessa maniera. Lo stesso schema è seguito per il verbo, anche se qui troviamo il paradigma completo soltanto per la prima coniugazione, mentre per il resto l’autore si accontenta di fornire alcune regole pratiche su come riconoscere un verbo di prima e seconda coniugazione a partire dalla seconda persona singolare dell’indicativo presente, su come distinguere la prima e la seconda coniugazione dalla terza sulla base del futuro semplice e su come distinguere la terza correpta dalla terza producta sulla base dell’imperativo presente. L’opera non contiene nessun riferimento alle cinque declinazioni né al tema del perfetto, ribadendo così la sua indipendenza dal modello donatiano e dalla tradizione artigrafica. Particolarmente significativo il fatto che il nostro autore rifiuti di considerare l’interiezione come una parte del discorso vera e propria: si tratta di una presa di posizione che non ha un parallelo tra i grammatici latini. L’ordinamento per lettere terminali, utile per agevolare la memorizzazione, la presenza di ampie liste di declinazioni e coniugazioni, l’espediente di ripetere, anche a breve distanza, i concetti già espressi, la ricerca della breuitas, le esortazioni al lettore perché non sopravvaluti la difficoltà degli argomenti affrontati, l’uso frequente della seconda persona singolare e la presenza di alcuni elementi discorsivi, che sembrano quasi riprodurre l’andamento di una lezione in aula, e il ricorso alla “grammaire des fautes”, consistente nell’esplicitare le forme errate (non si dice così, ma così), sono alcune delle caratteristiche principali di questo trattato. Se alcune di esse sono in comune con un’altra grammatica che risale, almeno in parte, alla medesima fonte, le Regulae Palaemonis, peculiare del nostro testo è invece la ricchezza delle citazioni dagli auctores, che ammontano a 88 e sono tratte non soltanto dagli autori della quadriga Messii (Terenzio, Cicerone, Sallustio, Virgilio), ma anche da Orazio, Lucano e Giovenale (e in un caso addirittura dai Libri Sibyllini). Il nostro sembra in definitiva un manuale destinato ad allievi parlanti Latino il cui livello sia un po’ al di sopra di quello elementare, come dimostrano tra le altre cose la mancata trattazione dei generi maschile e femminile e l’omissione dei paradigmi completi della seconda e terza coniugazione, oltre che l’ampio corredo di esempi letterari, il quale presuppone una dimestichezza dell’allievo con questi testi. Rispetto a quelle pseudopalemoniane testé menzionate, le nostre Regulae esibiscono una forma più elaborata e destinata a fruitori di livello più avanzato. [L. Martorelli]