Edizione di riferimento:
Terentiani Mauri De litteris, de syllabis, de metris, a cura di C. Cignolo, Hildesheim 2002, 2 voll. (Collectanea Grammatica Latina 2.1 e 2.2)
Il De litteris, de syllabis, de metris è un trattato che, pur seguendo nella successione degli argomenti (lettere, sillabe, metri) l’ordine canonico delle artes grammaticali, si distingue da queste tanto per la complessità della trattazione, certamente destinata a chi fosse già pratico della materia, quanto per la facies in versi, che lo avvicina in sostanza al genere del poema didascalico. Il testo, riemerso a Bobbio nel 1493 (cfr. infra), e pervenuto incompleto, per probabile guasto meccanico del testimone manoscritto, consta di quasi 3000 versi vari, in prevalenza esametri e tetrametri trocaici. La struttura risulta così articolata (se ne propone qui uno schema conciso, sulla scorta dell’edizione Cignolo, pp. XXXI-XXXVII, cui si rinvia per un’analisi più dettagliata):
L’autonomia reciproca dei tre libri emerge anzitutto da elementi interni all’opera: ripetizioni anche letterali da una sezione all’altra e la circoscrizione, tra un incipit di tono programmatico e un epilogo, del De syllabis, cui Terenziano stesso fa riferimento come singola opera (v. 348: hoc opus de syllabis), consentono di ipotizzare che il testo non costituisse in origine un corpo unico, ipotesi consolidata anche dalle citazioni dell’opera da parte di autori posteriori, che rinviano sempre ai singoli libri del trattato, attestando dunque, con ogni probabilità, una circolazione separata delle tre sezioni. Numerose, a questo punto, le possibilità vagliate sulla cronologia relativa, sul rapporto fra i tre libri e tra questi e la praefatio, da quella di una composizione ultima, e relativa pubblicazione postuma, del De metris (Sallmann), a quella di una sua, al contrario, precedenza cronologica rispetto alle altre due parti (Beck), all’interpretazione della praefatio come introduzione, in origine, solo al De syllabis (Schanz-Hosius; Wessner; Castorina): l’ultima editrice propende per una composizione distinta di tre opere, riunite tuttavia in un corpus unico per la pubblicazione forse dallo stesso autore: all’originaria probabile successione compositiva (De metris, scritto per primo, considerando gli specifici interessi poetici di Terenziano; De litteris, successiva integrazione necessaria come approfondimento sulle lettere; De syllabis, completamento dell’opera), sarebbe poi stato preferito, in fase di pubblicazione, un ordine «in base allo sviluppo logico della trattazione e in conformità con i canoni della tradizione grammaticale» (Cignolo XLI).
Anche dalla valutazione delle fonti utilizzate da Terenziano, in parte ancora oggetto di indagine, emerge un atteggiamento diversificato secondo gli argomenti trattati: lontano da componenti filosofiche, tipiche della tradizione greca (i sofisti, Platone), l’analisi di Terenziano de litteris si configura come meramente tecnica e rivela una forte dipendenza dal De compositione verborum di Dionigi di Alicarnasso, probabilmente tramite una mediazione latina a noi ignota; facile presumere, già per questa sezione, la presenza di Varrone, citato esplicitamente nel De metris, mentre da valutare con attenzione è la possibilità che Terenziano utilizzasse anche i Dubii sermonis libri di Plinio il Vecchio (si consideri la menzione di Plinius a v. 863, nel libro sulle sillabe: Strzelecki); il De syllabis presenta, accanto a trattazioni conformi alla manualistica grammaticale, affermazioni e analisi non attestate altrove, finora prive di riscontri, ma che lasciano supporre, in questo caso, la conoscenza e condivisione di teorie estranee al mondo della scuola; il De metris, infine, se per l’ambito prosodico lascia intendere, di nuovo, una filiazione sia pure indiretta dall’opera di Dionigi di Alicarnasso, attesta per quanto riguarda la presentazione dei metri una chiara adesione alla teoria della derivatio metrorum, diffusa a Roma, secondo la tradizione, già nel I secolo a.C. da Varrone e comunque fondamento della riflessione de metris di Cesio Basso nella prima età imperiale.
Il trattato di Terenziano Mauro, certamente conosciuto e utilizzato fino al VI-VII secolo, viene ritrovato, insieme con altri testi grammaticali e de re metrica (Cesio Basso, Atilio Fortunaziano, excerpta anonimi), nel 1493, nel corso della famosa scoperta di codici a Bobbio, a opera di Giorgio Galbiate, segretario dell’umanista Giorgio Merula (Ferrari; Morelli; Cignolo): il codice, fortemente danneggiato, fu copiato dallo stesso Galbiate, che ottenne quindi il privilegio di stampa: al 1497 data l’editio princeps del De litteris, de syllabis, de metris (unico testo a essere stampato dal Galbiate tra quelli conservati dal manoscritto bobbiese): l’edizione, essendo andato perduto il manoscritto, va assunta dunque come capostipite di una tradizione pressoché tutta a stampa; pochi anni dopo, nel 1504, è l’umanista Giano Parrasio a curarne un’altra edizione (preceduto nel 1503 dal tipografo Giovanni da Cerreto), mentre nel 1508 Aldo Manuzio pubblica numerosi stralci del trattato all’interno degli Institutionum Grammaticarum libri quattuor. In seguito, tra le numerose edizioni di Terenziano, si segnalano quella parigina del Brisseo (1531), la prima corredata di commento, e soprattutto quella, nel 1532, del Moltzer (il Micillus), cui si deve la distinzione in tre parti dell’opera. Tra le moderne, dopo le edizioni di van Santen (1825), Lachmann (1836, con il recupero del testo della princeps contro quello, ormai diffuso, del Brisseo) e Gaisford (1855), va naturalmente ricordata quella del Keil, che accoglie il trattato di Terenziano Mauro nel corpus dei Grammatici Latini (1874), riproducendo per lo più il testo del Lachmann. Nel 1993 il Beck pubblica il De syllabis, con ampio apparato critico e commento. L’ultima editrice, Chiara Cignolo, costituisce il testo sulla base della princeps, ma tiene presente anche quanto trasmesso dal codice Matritensis 4248 (M. 229), del XVII secolo, segnalato dal Gaisford e consistente in un’edizione con note, mai pubblicata, approntata dal gesuita Juan Vázquez del Mármol; interessanti, come primo lavoro esegetico sul testo di Terenziano, si rivelano anche le note manoscritte dell’umanista ferrarese Celio Calcagnini, che si leggono sulla sua copia dell’editio princeps, oggi alla Biblioteca Ariostea di Ferrara (Cignolo, Per la storia del testo). [Anita di Stefano]