Edizione di riferimento:
Grammatici Latini, IV. Probi Donati Seruii qui feruntur de Arte grammatica libri, ex recensione H. Keilii, Notarum Laterculi, ex recensione Th. Mommseni, Hildesheim 1961, 421-448 (reprografischer Nachdruck der Ausgabe Leipzig 1864).
Riconosciuta in Elio Donato (metà del IV sec. d. C.) l’auctoritas per l’insegnamento della grammatica, il magister Servio (IV-V sec d. C.) si dedicò all’explanatio del testo dell’Ars grammatica donatiana, manuale articolato in Ars minor, sezione dalla trattazione elementare e propedeutica, e Ars maior, I, II, III, sezione dalla trattazione più approfondita e avanzata; il frutto di questo lavoro esegetico è quanto conservato dal Servii Commentarius in Artem Donati. Il filologo tedesco H. Keil, nel 1864, ha curato l’edizione del Commentarius per il IV volume dei Grammatici Latini (GL IV 405-448); tale edizione è stata condotta sulla base di un solo esemplare manoscritto, il codice Paris, BnF, Lat. 7530 (sec. VIII4/4), testimone del testo nella sua interezza, e delle prime edizioni a stampa, le quali, imitando pedissequamente l’editio princeps (Venezia 1476), pubblicano soltanto i commenti in artem minorem e in artem maiorem, II, accomunati dal fatto che entrambi trattano delle partes orationis. Il testo ha variamente interessato gli studiosi; si segnalano i lavori più o meno recenti di Duca 1994-’95, Munzi 2006, Id. 2018, De Nonno 2018 e, in particolare, Zago 2016 che ha curato l’edizione del solo commento in artem maiorem, III. Degli studi condotti, in seno alla tesi di dottorato (Paolino 2017-’18), per la nuova edizione critica dell’intero testo, Paolino 2019 offre i primi e più rilevanti risultati: è stata ampliata la recensio dei testimoni manoscritti ed è stata definita una bipartizione della tradizione; da una attenta ri-collazione del codice Paris, BnF, Lat. 7530 è, inoltre, emerso che il testo edito da Keil, il cui lavoro di edizione resta pur sempre basilare e meritorio, risulta in più punti inficiato da errori ereditati dalle edizioni a stampa. Secondo l’opinione di vari studiosi, a partire da Keil (GL V 92), la redazione del Commentarius che oggi leggiamo sarebbe l’epitome di un testo più ampio, il cosiddetto Servius plenior, che lo stesso Servio avrebbe rimaneggiato (Jeep 1893; Schindel 1975; Holtz 1981; Kaster 1988; Pugliarello 1988). L’ipotesi nasce dal confronto fra il testo del Commentarius e quello dei successivi commenti a Donato: per gli autori di questi commenti - in primis il grammatico africano Pompeo (V sec. d. C.) - modello e fonte, da cui fu attinto a piene mani, sarebbe stato proprio il Commentarius serviano nella forma plenior, data la maggiore ricchezza di nozioni che gli epigoni serviani talora rivelano. Il Commentarius segue lo schema dell’Ars grammatica e, pertanto, si divide in commento in artem minorem e commento in artem maiorem, I, II, III. Il commento in artem maiorem, dunque, si articola in tre parti: la I tratta de littera, de syllaba, de pedibus, de tonis, de posituris (Servio - e così altri dopo di lui - omette il capitolo de uoce, che nell’Ars maior, I è posto ad apertura); la II parte è dedicata alle partes orationis, argomento che accomuna l’Ars maior, II con l’Ars minor e, conseguentemente, il commento in artem maiorem, II con quello in artem minorem; la III, infine, tratta dei vitia et virtutes orationis. L’esposizione di tutto il commento in artem maiorem, in linea con quella complessiva del Commentarius, si sviluppa generalmente con l’enunciazione di una regola, la cui spiegazione è quasi sempre analitica, poggiata su exempla, fittizi o tratti da auctoritates, e corredata di proprie riflessioni dottrinali. Si ravvisano casi in cui la dottrina serviana esprime disaccordo e sottolinea carenze del testo dell’Ars; si vedano ad esempio i passi corrispondenti a GL IV 432, 28-433,6; 441, 30-33; 447, 16-19 (questi ed altri sono segnalati da Jeep 1983; Holtz 1981; Paolino 2017-’18). Specie nel commento in artem maiorem, III si notano alcuni passaggi bruschi e una certa concisione; si tratta, con molta probabilità, di tracce evidenti di quel lavoro di rimaneggiamento di cui si è detto, che ha prodotto talune incongruenze e difficoltà di comprensione, cui si può cercare di ovviare alla luce del testo dei successivi commentatori di Donato. [C. Paolino]