Edizione di riferimento:
Calcidius, Commentaire au Timée de Platon, Tome 1, édition critique et traduction française par B. Bakhouche, avec la collaboration de B. Brisson pour la traduction, Paris 2011.
Calcidio è passato alla storia del Platonismo come autore di una versione latina parziale del Timeo platonico nonché di un commento, anche esso parziale, del dialogo. In effetti, la versione latina riguarda soltanto i paragrafi 17a - 53c, mentre ne commenta i paragrafi 31c - 53c.
Nel cap. 7 del commento Calcidio espone i 27 argomenti dei quali, a suo avviso, si compone il dialogo e dichiara la sua volontà di trattarli tutti, anche se poi si ferma una volta arrivato alla materia del tredicesimo argomento. Ciò ha spinto i critici a porsi il quesito se il commento, così come ci è arrivato, sia veramente completo o meno. A questo riguardo, pare che quello che si è conservato sia tutto ciò che effettivamente scrisse Calcidio.
Per quanto riguarda la struttura, l’opera è divisa in due parti nettamente differenziate, la prima dedicata a esaminare il ruolo della Provvidenza divina nella creazione del mondo (cap. 8-267), la seconda consacrata alla materia, il secondo principio necessario perché il mondo possa esistere (268-355), con anche alcuni excursus assai lunghi intercalati, come quello sugli astri (cap. 59-91), quello sui dèmoni (cap. 127-136), quello sul destino (cap. 142-190) oppure l’ampia dossografia (cap. 275-301) inserita nella parte relativa alla materia, che precede la parte nella quale l’autore esprime la sua opinione (cap. 302-320).
D’altronde, nel commento l’autore si è servito di una serie di procedure esegetiche impiegate già prima dai filosofi medioplatonici, quali la spiegazione katà léxin, vale a dire il chiarimento del senso letterale del testo; la spiegazione Platonem ex Platone, vale a dire risolvere i dubbi che pone un brano del dialogo attraverso un altro brano tratto da un altro dialogo del maestro ateniese; e, infine, la spiegazione katà zetémata, dove l’autore formula delle quaestiones allo scopo di risolvere i dubbi posti dal testo.
Quanto al contenuto filosofico, che per una parte della critica è indubbiamente medioplatonico, di enorme rilievo è la caratterizzazione di Dio, che viene considerato sommo bene, in possesso di piena perfezione; preesiste al tempo ed è un essere intelligibile e supremo rettore del mondo. Sotto di lui si trova la provvidenza da identificare con il noûs dei greci. Dal carattere intelligibile della divinità si deduce che le idee, che servono di modello al demiurgo per modellare la realtà sensibile, sono i pensieri di Dio. Rispetto al secondo grande principio ontologico, la materia, denominata silua da Calcidio, è per lui sostanza principale e sostrato primordiale del corpo – contenitore lo chiama -, privo di ogni qualità, che non è corporea e neanche incorporea, ma che in potenza è e non è un corpo; essa sarebbe anche eterna, infinita e non intelligibile. Di particolarmente interesse nella sua filosofia è la dottrina dei dèmoni, i quali sono concepiti come essere viventi razionali, immortali, sottoposti alle passioni, il cui ruolo è quello di fungere da intermediari fra gli uomini e la divinità.
Per ciò che riguarda lo stile, nel commento l’autore impiega uno stile ricercato, con gusto per i periodi lunghi, con sviluppi sintattici aggiuntivi che funzionano come spiegazioni parentetiche. Dimostra, inoltre, una padronanza magistrale delle risorse della retorica e nell’aspetto lessicale sono molti i termini non testimoniati altrove oppure impiegati da Calcidio per la prima volta; quindi il suo influsso nello sviluppo creativo del lessico filosofico medievale fu notevole.
Quanto alla trasmissione testuale dell’opera, gli ultimi conteggi dei critici fanno salire a 198 il numero di manoscritti conservati contenenti sia l’opera completa di Calcidio, sia frammenti lunghi della versione oppure del commento. Il 40% di essi risale ai secoli XI-XII, mentre un 30% è databile nel Quattrocento. I codici più antichi sono tre, del IX secolo, fra i quali il codice Vaticano, BAV, Reg. lat. 1068 (Reg3). Per concludere, nel suo stemma codicum, Waszink, curatore di un’importante edizione di Calcidio (London Leiden, Brill, 1962, 19752), ipotizza l’esistenza di un solo archetipo (Ω), molto antico e non lontano dall’epoca dell’autore. Dall’archetipo deriverebbero due iparchetipi indipendenti: il primo (ω), da cui discenderebbero i codici che tramandano il commento di Calcidio, e un altro (¥), dal quale deriverebbero i codici che contengono soltanto la versione latina del dialogo platonico. [Cristóbal Macías]