Edizione di riferimento:
Theodosiani Libri XVI cum Constitutionibus Sirmondianis, (T. Mommsen, P. M.Meyer), Berolini 1905, I,2
Il progetto: Cod. Theod. 1.1.5 e 1.1.6
Il 26 marzo del 429 l’imperatore d’Oriente Teodosio II (401-450) promulgò una costituzione (Cod. Theod. 1.1.5; gest. in sen. 4; vd. la panoramica di Sirks 2007, pp. 54-66) in cui, sul modello del Codex Gregorianus e del Codex Hermogenianus (due raccolte non ufficiali di costituzioni imperiali databili rispettivamente intorno al 291-292 e al 294), dava l’incarico ad una commissione di creare una raccolta di editti e leggi generali promulgate da Costantino e dai suoi successori, comprese quelle teodosiane: Ad similitudinem Gregoriani atque Hermogeniani codicis cunctas colligi constitutiones decernimus, quas Constantinus inclitus et post eum divi principes nosque tulimus, edictorum viribus aut sacra generalitate subnixas.
Le costituzioni sarebbero state organizzate tematicamente in tituli, e in ogni titulus le leggi sarebbero state disposte cronologicamente. Sarebbero state raccolte anche le leggi cadute in desuetudine o sostituite da norme più recenti, cui tuttavia fosse ancora utile far riferimento. Sulla base dei tre Codices (Gregorianus, Hermogenianus e il primo codice messo insieme dalla commissione) e dei trattati e responsi trasmessi nella letteratura giuridica, la commissione avrebbe dovuto redigere un altro codice, che avrebbe preso il nome dell’imperatore, avrebbe contenuto solo le leggi in vigore e in cui le divergenze e le contraddizioni sarebbero state appianate.
Il 20 dicembre 435 fu emanata un’altra costituzione (Cod. Theod. 1.1.6; vd. Sirks 2007, pp. 66-74), in cui ad una nuova commissione si affidava il compito di redigere un codice contenente le costituzioni imperiali di carattere generale emanate da Costantino in poi. In base al contenuto ogni legge sarebbe stata collocata sotto un titulus, o eventualmente suddivisa in più tituli nel caso in cui avesse toccato argomenti diversi. Alla commissione veniva concessa la possibilità di intervenire sul testo delle leggi eliminando parole superflue, risolvendo ambiguità e correggendo incongruenze. Da questo nuovo progetto sarebbe nata l’opera giunta fino a noi con il nome di Codex Theodosianus.
A proposito delle relazioni tra Cod. Theod. 1.1.5 e 1.1.6, mentre un tempo si pensava che l’approvazione di Cod. Theod. 1.1.6 avesse sancito il fallimento dell’impresa di Cod. Theod. 1.1.5, ora molti studiosi ritengono che la seconda costituzione non abbia sostituito la prima, ma abbia rappresentato una sorta di ridimensionamento o ridefinizione del progetto originario di Teodosio: in particolare, si tende a ritenere che con Cod. Theod. 1.1.6 Teodosio abbia abbandonato il secondo progetto enunciato in Cod. Theod. 1.1.5 e deciso di concentrarsi solo sul primo, anche se la questione è molto dibattuta e non si è ancora giunti ad un’opinione condivisa (vd. ad esempio Matthews 1993; Bassanelli Sommariva 2013; Germino 2017).
L’introduzione del Codex in Oriente e Occidente
Secondo la testimonianza dei cosiddetti Gesta senatus (vd. infra), il 20 ottobre 437 giunse a Costantinopoli l’imperatore d’Occidente Valentiniano III (419-455), il quale il 29 dello stesso mese si unì in matrimonio con la figlia di Teodosio Eudossia. Dopo le nozze, Teodosio consegnò ai prefetti del pretorio una copia del Codex appena realizzato, affinché divenisse il testo di riferimento della legislazione imperiale in Oriente e in Occidente (vd. la panoramica di Salway 2013). Il Codex Theodosianus venne ufficialmente promulgato a Costantinopoli il 15 febbraio 438, come testimonia la prima delle cosiddette Novellae post-teodosiane (ovvero le costituzioni emanate da Teodosio e i suoi successori dopo la pubblicazione del Codex Theodosianus; vd. Sirks 2007; pp. 227-237), indirizzata al prefetto del pretorio Florenzio e intitolata De Theodosiani codicis auctoritate (Novell. 1; su cui vd. Sirks 2007, pp. 74-78; Dovere 2019). Il Codex sarebbe entrato in vigore in entrambi le parti dell’Impero a partire dal 1° gennaio 439.
Il documento che attesta l’introduzione del Codex anche in Occidente sono i già citati Gesta senatus de Theodosiano publicando (su cui vd. soprattutto Atzeri 2008; Dovere 2010; Barbati 2015). I Gesta senatus contengono il verbale della seduta del senato che si tenne nella casa del console e prefetto del pretorio d’Italia Anicio Acilio Glabrione Fausto per presentare al senato romano il Codex Theodosianus. Secondo il manoscritto che tramanda i Gesta, questa riunione avvenne il 25 dicembre 438 (VIII k. Ian.), ma è stato recentemente proposto di correggere la data in 25 maggio 438 (VIII k. Iun.), giacché sembrerebbe eccessivo il tempo trascorso tra l’arrivo del Codex in Occidente e una sua pubblicazione ufficiale in dicembre (vd. Atzeri 2008).
Struttura e contenuto
Il Codex Theodosianus è una raccolta di costituzioni imperiali emanate da Costantino e dai suoi successori fino a Teodosio II. L’opera è suddivisa in sedici libri, ognuno dei quali è suddiviso in tituli. Ogni titulus è identificato attraverso una rubrica che ne designa il contenuto. All’interno dei tituli le leggi sono disposte in ordine cronologico. Ogni costituzione reca nell’inscriptio il nome degli Augusti e dei Caesares che la promulgarono e quello dei destinatari, e nella subscriptio la data e il luogo di emanazione.
Per quanto riguarda i temi dei singoli libri, il libro I riguarda le fonti del diritto e competenze dei funzionari imperiali. I libri II-V sono dedicati al diritto privato, i libri VI-VII alle gerarchie e ai privilegi dei funzionari imperiali di rango elevato e il diritto militare, il libro VIII ai funzionari di grado inferiore. Nel libro IX viene trattato il diritto penale, nei X-XI il diritto finanziario, nei libri XII-XV le organizzazioni cittadine e le corporazioni. Il XVI libro riguarda l’ordinamento della Chiesa e il diritto ecclesiastico (sulla struttura e il contenuto del Codex vd. Sirks 2007, pp. 79-86; Du Plessis 2009).
Ricezione altomedievale e tradizione manoscritta
In Oriente il Codex Theodosianus rimase in vigore fino all’approvazione del Codex Iustinianus (la cui seconda redazione, il Codex repetitae praelectionis, fu promulgata nel 534 e fu introdotto anche in Italia per lo meno dal 554), mentre in Occidente esso sopravvisse più a lungo nella misura in cui fu recepito all’interno della legislazione romano-barbarica. Ad esempio, nel 506 il re dei Visigoti Alarico II promulgò la cosiddetta Lex Romana Visigothorum (o Breviarium alaricianum): si tratta di una raccolta di leges e iura contenente una scelta di costituzioni tratte dal Codex Theodosianus e poche novelle successive. Alle leggi raccolte nel Breviarium fu affiancata una serie di note esegetiche che prende il nome di Interpretatio Visigothica (vd. Lambertini 1991). Costituzioni del Codex Theodosianus trovarono spazio anche all’interno del menzionato Codex Iustinianus, ove però potrebbero essere state più o meno intensamente modificate(vd. Germino 2012). Con il Codex Giustiniano cercò di riordinare la legislazione dei suoi predecessori, compreso il Codex Theodosianus, organizzandola tematicamente in dodici libri.
La tradizione manoscritta del Codex Theodosianus è piuttosto complessa (vd. a proposito Mommsen 1904, pp. ix-cccvi; Salway 2012; Coma Fort 2014). I primi cinque libri non sono giunti per tradizione diretta, ma numerose costituzioni si leggono all’interno del Breviarium alariciano e del Codex Iustinianus. I libri VI-VIII sono riportati dal cosiddetto Codex Regius (Paris, Bibliothèque Nationale de France, lat. 9643), i libri IX-XVI dal Codex Vaticanus (Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 886): questi manoscritti furono probabilmente copiati nel VI secolo in Francia. Frammenti dai libri I-VI e VIII-XVI si leggevano nel palinsesto Taurinensis (Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, A.II.2), irrimediabilmente danneggiato dall’incendio che colpì la Biblioteca Nazionale di Torino nel 1904 (l’edizione dei fragmenta Taurinensia si legge in Krüger 1880). Stralci del Codex Theodosianus sono stati rinvenuti in altri codici palinsesti, come l’Halberstadt, Domschatz, inv. nr. 465-466. Inoltre, esistono codici del Breviarium alariciano in cui furono integrate nuove costituzioni del Codex originale: il più importante è il manoscritto Milano, Biblioteca Ambrosiana, C. 29 inf., che è anche l’unico testimone dei Gesta senatus.
Edizioni, traduzioni, studi
Dopo la celebre edizione del giurista seicentesco Jacques Godefroy (Godefroy 1736-1745; edizione curata e ampliata da Johann Daniel Ritter) e i lavori ottocenteschi di Carlo Baudi di Vesme (Baudi di Vesme 1839-1841; edizione parziale) di Gustav Hänel (Hänel 1842), l’edizione del Codex Theodosianus usata correntemente è quella curata da Theodor Mommsen e pubblicata postuma ad inizio Novecento (Mommsen 1905). Mommsen non solo pubblicò il Codex, ma incluse anche il testo delle interpretationes alariciane, che si leggono in corpo minore in calce alle leggi cui si riferiscono.
Per il suo lavoro Mommsen si servì in particolare del materiale raccolto dall’allievo Paul Krüger, il quale, quando vide che i risultati del maestro si discostavano in parte dai suoi, decise di produrre una nuova edizione del Codex. L’impresa di Krüger rimase tuttavia incompleta, giacché si interruppe con la pubblicazione dei libri VII e VIII, avvenuta l’anno della sua morte (Krüger 1923-1926; sul rapporto tra le edizioni Mommsen e Krüger si veda Sirks 2013). Sulla base del testo fissato da Mommsen sono state realizzate traduzioni complete in inglese (Pharr 1952) e in francese (Rougé-Delmaire 2005-2009): recentemente sono state anche curate traduzioni commentate di singoli libri (libro V: Crogiez-Jaillette-Poinsotte 2009; libro XVI: Magnou-Nortier 2002).
Gli studi sul Codex Theodosianus hanno conosciuto un punto di svolta a metà degli anni Settanta del secolo scorso grazie alla pubblicazione della monografia di Gian Gualberto Archi Teodosio II e la sua codificazione (Archi 1976). Da allora sono usciti altri importanti contributi monografici dedicati all’intero Codex (Matthews 2000; Sirks 2007), a singoli libri (De Giovanni 2000, sul libro XVI), alla tradizione manoscritta (Coma Fort 2014), alla ricezione (Atzeri 2008; Di Cintio 2013; Di Cintio 2016). Numerosi sono anche stati i convegni sul Codex Theodosianus che si sono svolti negli ultimi trent’anni (Harries-Wood 1993; Aubert-Blanchard 2007; Crogiez-Pétrequin-Jaillette 2012; Bassanelli Sommariva-Biavaschi-Tarozzi 2016; questi ultimi due atti di convegno sono consultabili online sui siti https://books.openedition.org/septentrion/48443 e https://www.ravenna-capitale.it/). [G. Cattaneo]