saec. III (secunda pars)
La biografia di Aquila Romano è pressoché ignota. Pochissimi sono i dati desumibili dalla sua opera: tra questi, il carattere dialogico del proemio e di altre parti, in cui egli si rivolge ad un adulescens acerrimo ingenio, hanno fatto pensare ad un maestro di retorica che compone un manuale destinato al suo allievo, probabilmente un rampollo di nobile famiglia, se era nella condizione di chiedere al suo docente un trattato destinato, almeno nella finzione letteraria, ad un uso privato.
Si è ipotizzato che il cognomen Romanus servisse per distinguerlo da altri Ἀκύλας greci fioriti in età imperiale, noti da Philostrat. vit. soph. 2, 11 e dal commento di Siriano al Περί στάσεων di Ermogene (Syrian. in Hermog. stat., 1, 4 ss.; 2, 16 ss.). Difficile però accettare l'identificazione proposta dal Sallmann con Antoninus Aquila, il maestro di retorica in difficoltà economiche, raccomandato ad Aufidio Vittorino dal suocero Frontone in ep. ad amic. 1, 7, (databile al 162 e al 165 d.C.), un profilo che mal collima con quello del docente autorevole, ricercato dalle famiglie più illustri, che emerge dal proemio (Elice). L'unico dato certo è che Aquila Romano rappresenta una delle fonti primarie di Marziano Capella, che nella stesura del V libro delle Nuptiae attinge generosamente al De figuris. Di conseguenza, l'opera dovette essere composta non oltre la metà del IV secolo d.C., ma l'assenza di riferimenti storici al suo interno ed il carattere tecnico del contenuto e della lingua non consentono di individuare la cifra di un particolare contesto cronologico o geografico. [A. Borgna]