saec. V
Sotto il nome di “Iunius Philargyrius” Hermann Hagen pubblicò nel 1902 due commenti (Explanationes) alle Bucoliche, una più ampia ed una più breve, che presentano numerosi scoli in comune e che paiono quindi derivate da un’unica fonte (nell’edizione sono stampati su due colonne).
Nei codici sono attribuite a “Iunius Filargirius”, ma la forma “Philargyrius” si impose a partire da Poliziano, che ne conosceva il commento dal Laur. plut. 45, 14, e lo cita in un capitolo della sua Miscellaneorum centuria prima (1489), oltre che nei margini di una copia dell’edizione virgiliana stampata a Roma nel 1471 (attualmente nella BNF). La copia virgiliana di Poliziano era nota a Fulvio Ursini, che nel 1587 pubblicò sotto il nome di “Filargyrius” una raccolta di scoli alle Georgiche che non hanno però nulla a che vedere con questo autore, e che Thilo pubblicò in seguito come Servius auctus.
Il vero e proprio commento di “Philargyrius” venne parzialmente portato alla luce nel 1860 da Georg Thilo (sulla base del citato Laurenziano e del Par. lat. 7960), che segnalò le convergenze che il commento presentava con quello alle Bucoliche e alle Georgiche pubblicato nel 1847 da Müller sotto il nome di “Iunilius Flagrius”, sulla base del nome che si legge nel Bernensis 172. La vicinanza dei due commenti venne segnalata nel 1861 anche da Mommsen. Hagen pubblicò successivamente ambedue i testi, quello di “Philargyrius” e quello di “Flagrius”, ma separatamente l’uno dall’altro: nel 1867 la silloge già pubblicata da Müller, sotto il titolo Scholia Bernensia (in quanto testimoniata da codici conservati a Berna: oltre al 172 già noto a Müller, anche il 167 e il 165; un quarto codice nel quale si legge il nome di “Iunilius Flagrius” è il Leidensis Voss. F 79); nel 1902 le due Explanationes, che attribuì a “Iunilius Philargyrius” (nella Appendix Serviana che forma il volume III.2 nell’edizione di Servio curata da Thilo), assieme alla Brevis Expositio alle Georgiche che segue nei codici le Explanationes e che presenta anch’essa convergenze con i relativi Scholia Bernensia.
A partire dalla considerazione che “Iunius Philargyrius” e “Iunilius Flagrius” sono evidentemente lo stesso autore, e dalla notizia fornita dai manoscritti per cui il commento fu composto a Milano e dedicato ad un Valentiniano, la forma del nome che già Heraeus nel 1930 riteneva più probabile è “Philagrius”, che avrebbe dedicato il commento a Valentinano II, imperatore dal 425 al 455; dovrebbe trattarsi, come ha ipotizzato Geymonat nel 1984, dell’omonimo personaggio citato da Sidonio Apollinare nel panegirico dell’imperatore Avito composto nel 456 (cfr. Jones – Martindale – Morris 1971, p. 696: Philagrius n. 4). La forma “Philagrius” è ora adottata da Morgan – Ziolkowski nella Virgil Encyclopedia (2014). Il commento di “Philagrius” sarebbe stato utilizzato dai compilatori altomedievali delle sillogi che ci sono rimaste (le due Explanationes, la Brevis expositio e gli Scholia Bernensia); resta poco chiaro il ruolo degli altri due nomi tardoantichi che si leggono nelle sillogi stesse assieme a quello di “Philagrius”, e cioè Gaudentius e Titus Gallus).
Questa ricostruzione è confermata dall’analisi delle sillogi (Barwick 1908; Brewer 1973; Daintree-Geymonat 1988), che appaiono formate da materiale esegetico post-donatiano frammisto ad intrusioni serviane ed altomedioevali. La compilazione avvenne certamente in ambito insulare, come fanno pensare le caratteristiche dei codici (cfr. Beeson 1932) e le glosse in antico irlandese, presenti in particolare nelle Explanationes (cfr. Deintree 1985; Lambert 1986; Ziolkowski – Putnam 2008, 698-700): se ne è dedotto che le sillogi furono allestite in un centro scrittorio insulare, probabilmente nel VII e l’VIII, anche se resta incerta la localizzazione, nelle isole britanniche o in uno dei monasteri fondati dagli irlandesi sul continente. Sulla base del nome “Adamnanus” che si legge in uno scolio delle Explanationes, il compilatore è stato identificato da Thilo 1860, pp. 132-33 in Adamnanus, abate del monastero di Iona (isole Ebridi) nel 679-704: l’ipotesi è stata ripresa da Funaioli 1930, pp. 61-62 e da numerosi altri studiosi (ancora da Daintree in Ziolkowski-Putnam 2008, p. 675), ma essa non trova riscontro nella produzione di Adamnano; dubbi sono stati inoltre sollevati sull’attendibilità del nome che si legge nello scolio (cfr. Herren 1999, pp. 57-59). Maggior peso ha il nome “Fatosus” che si legge nella subscriptio dei codici delle Explanationes, in quanto esso corrisponde all’irlandese Toicthech (cfr. Miles 2011, p. 28), quello che potrebbe essere il nome originario del monaco irlandese che allestì il commento. Sul tramite attraverso cui il commento tardoantico (o i commenti, se si considerano Tito Gallo e Gaudenzio autori di commenti distinti da quello di Philagrius / Philargyrius) Thilo (1860, pp. 132-33) aveva ipotizzato che fossero stati portati dall’Italia in Inghilterra all’epoca di Teodoro di Tarso, Arcivescovo di Canterbury dal 669; per Funaioli (1915, pp. 61-62) il tramire diretto era stato il monastero di Bobbio, fondato da San Colombano nel 613.
Gino Funaioli (1930) progettò un’edizione dell’originario commento di Philargyrius (e di quello di Titus Gallus), ma l’impresa si è rivelata irrealizzabile (cfr. Geymonat 1984; Daintree-Geymonat 1988). Nel 2003 Cadili ha pubblicato un’edizione sinottica della prima parte del commento alle Georgiche, nella quale sono proposte in parallelo le diverse redazioni altomedievali. [F. Stok]