saec. II
Di Velio Longo, autore di un De orthographia e di altre opere grammaticali non pervenute, non si conoscono né la data di nascita né la data di morte, tantomeno il luogo di origine. Non homo indoctus lo definisce Gellio (18, 9, 4) offrendo così un importante terminus ante quem, il 179 d. C., anno a partire dal quale si data la pubblicazione delle Noctes Atticae. Parimenti la citazione di un verso di Persio (5, 62) all’interno dello stesso De orthographia (p. 43, 8 Di Napoli) consente di datare l’opera dopo il 62 d. C., quando, morto il poeta satirico, L. Anneo Cornuto provvide alla pubblicazione del Saturarum liber. In quest’arco di tempo che copre poco più di un secolo è stata a lungo privilegiata una datazione che coincide grosso modo con l’età adrianea (Neitzke e ancor prima Mackensen e Bücheler), sulla scorta della presunta conoscenza da parte di Velio Longo del De orthographia di Terenzio Scauro, grammaticus Hadriani (Hist. Aug. Ver. 2, 5). Lungi tuttavia dal provare un rapporto di dipendenza di Longo da Scauro, i numerosi passi paralleli fra i due ortografi vanno piuttosto ricondotti all’utilizzo di fonti comuni e alla presenza di un nucleo centrale di quaestiones diventate ormai canoniche rispetto alle quali si cimentava la bravura retorica dei singoli grammatici. Suggestiva potrebbe essere l’ipotesi di alzare la cronologia dell’autore risalendo agli ultimi decenni del I sec. d. C., se si interpretano le numerose citazioni virgiliane presenti nel trattato veliano - una caratteristica decisamente originale del De orthographia - come una adesione del grammatico ai gusti classicistici di età flavia; mancano tuttavia prove dirimenti in tal senso. Qualche elemento utile a ricostruire la figura dell’autore può desumersi da alcuni passaggi del De orthographia che sembrano rinviare all’attività di magister (p. 9, 5-6 e p. 31, 9-11 Di Napoli), sebbene l’opera non rientri propriamente nel genere manualistico. Oltre al De orthographia le fonti antiche attribuiscono a Velio Longo un commentarium de usu antiquae lectionis (Gell. 18, 9, 4), che doveva collocarsi sulla stessa scia dei Commentaria lectionum antiquarum di Cesellio Vindice (noti anche con il titolo greco Στρωματεῖς come attesta Gell. praef. 6-7 e 6, 2, 1), un libellus de deriuationis inaequalitate di cui parla Carisio (cfr. p. 119, 12-19 Barwick) e un commentarium in Aeneidem più volte ricordato da Carisio, Servio e Macrobio, e spesso citato negli scolî veronesi (Di Napoli, Introduzione p. XXXVIII). L’autore fu letto e apprezzato fino agli inizi dell’VIII sec. come attesta Wynfreth-Bonifacio nella prefazione alla sua Ars grammatica, in cui l’ortografo è menzionato accanto ai più celebri Prisciano e Donato; la sua fortuna conobbe una notevole ripresa nel Rinascimento, allorquando, in seguito al ritrovamento del De orthographia nel 1493, divenne una delle voci antiche più apprezzate dagli eruditi e antiquari del Cinquecento come attestano le numerose citazioni nei trattati ortografici dell’epoca (Di Napoli, Introduzione pp. LIX-LXI). [M. Di Napoli]