Edizione di riferimento:
Grammatici Latini, VII. Scriptores de orthographia. Terentius Scaurus Vellius Longus Caper Agroecius etc., ex recensione H. Keilii, Hildesheim 1961, 92-107 (reprografischer Nachdruck der Ausgabe Leipzig 1880).
Insieme all’opera di analogo argomento di Agrecio, i due trattatelli De orthographia e De verbis dubiis attribuiti a Capro costituiscono un corpus di scritti ortografici formatosi in età tardoantica che riscosse una discreta fortuna durante la rinascenza carolingia e poi nell’umanesimo italiano. Agrecio è da identificarsi con il personaggio che fu vescovo di Sens intorno al 470 (si veda A. Balbo, in digilibLT, s.v. Agroecius): nella lettera prefatoria alla propria opera egli spiega di aver ricevuto da Eucherio, vescovo di Lione (434-450), il testo del De orthographia, da entrambi ritenuto genuinamente caprino, per emendarlo. Il corpus ortografico costituito dall’opera attribuita a Capro e dal De orthographia di Agrecio, concepito come integrazione al testo del suo illustre predecessore, ha pertanto origine a Lione a metà del V secolo. La redazione del De orthographia tradito sotto il nome di Flavio Capro va invece collocata tra la fine del II secolo, epoca in cui visse il grammatico, e la morte di Eucherio, avvenuta intorno al 450 d.C. La presenza di fenomeni linguistici tardi induce tuttavia a circoscriverne la datazione tra la fine del IV secolo e l’inizio del successivo (De Paolis).
Il contenuto non è solo ortografico, ma sono affrontate questioni grammaticali di diverso genere, talvolta nella forma di differentiae verborum. Nel testo, di impianto didattico-prescrittivo, confluiscono materiali di diversa origine, di tradizione sia erudita sia di scuola: lemmi che conservano, cristallizzate in una forma semplificata e normativa, discussioni dotte riconducibili al De latinitate di Capro sulla base del confronto con altri grammatici latini (in primis Carisio e Prisciano: per una panoramica, De Nonno 1990, 639-646); aggiunte del tardo compilatore a cui si deve il De orthographia nel suo assetto attuale, probabilmente un maestro che si rivolgeva a un pubblico grecofono, come sembrerebbe indicare la presenza di glosse greche (De Paolis 2013-2014); infine, lemmi che si tende oggi a considerare di provenienza eterogenea, piuttosto che frammenti di un anonimo trattato ortografico di II secolo in settenari trocaici ed esametri, come ipotizzava L. Strzelecki nel 1949 (si veda specialmente De Paolis 2013, Il progetto). [M. Callipo]