Edizione di riferimento:
Rhetores Latini Minores, ex codicibus maximam partem primum adhibitis emendabat Carolus Halm, Lipsiae 1863, 137-151 (Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana).
Il trattatello retorico, edito da Halm nelle pp. 137-151 dei Rhetores Latini Minores e nel volume 32 coll 1439-1443 della Patrologia Latina di Migne, comprende sezioni sui compiti e sull’obiettivo dell’attività oratoria, sulle questioni civili, razionali e legali, sulle figure delle controversie e sugli asystata, con un’attenzione particolare al rapporto fra ipotesi e tesi e alla dottrina di Ermagora di Temno, il noto retore greco del II secolo a.C. probabile inventore della nozione e della struttura degli status causae. Il testo presenta poche citazioni ciceroniane (De oratore 1, 18; Cat. 4, 1, pro Archia, pro Scauro) e una grande ricchezza di termini greci, utilizzati soprattutto nelle definizioni. Esso è tramandato dai medesimi codici che conservano l’ars rhetorica di Fortunaziano, ovvero Bern, Bürgerbibliothek 363, saec. VIII, posseduto da Jacques Bongars (= B), Darmstadt, Hessische Landes- und Hochschulbibliothek 166, saec. VII (= D), München, Bayerische Staatsbibliothek clm 14649, saec. XIII (= E), München, Bayerische Staatsbibliothek clm 6406, saec. XI-XIII (= F). La sua autenticità è molto discussa: gli studiosi più antichi, a partire da Migne e dai Maurini, erano per lo più contro la sua autenticità, con l’eccezione di Reuter. La questione fu riaperta da B. Riposati in un contributo del 1955, che invece si schierò per l’attribuzione ad Agostino, seguito da Barwick nel 1961. B. D. Jackson, nella sua edizione del De dialectica, lo collocò nella seconda metà del IV secolo, ritenendolo opera di un retore diverso dal vescovo di Ippona. Dopo altri interventi (tra cui quello di Remo Giomini), Antonio Pieretti, il traduttore italiano dell’edizione uscita per Città Nuova e confluita nel sito www.augustinus.it, si è pronunciato a favore, ritenendo che lo scritto sia la parte superstite di un un'opera in più libri sulle discipline liberali, il cui progetto sarebbe stato concepito a Milano al momento della conversione al cristianesimo. Tuttavia una serie di interventi recenti di J. Aubin tra il 2011 e il 2014 hanno riaperto la questione, mettendo l’accento su alcuni fatti: a. lo scarto tra le indicazioni contenute nel trattatello e le informazioni su Ermagora che conosciamo da Cicerone; b. l’assoluta mancanza di riferimenti a Ermagora nell’opera sicuramente autentica di Agostino; c. la presenza insistita del greco, notoriamente non apprezzato dal Padre della Chiesa. Nessuno di questi argomenti è cogente, ma, a parte il fatto che i concetti trattati nell’operetta sono inclusi da Agostino nel De doctrina christiana (soprattutto nella sua parte retoricamente più importante, il quarto libro), non vi sono nemmeno elementi che possano essere favorevoli all’autenticità, per cui risulta opportuno lasciare ancora indecisa la questione. Va comunque notato che l’autore si segnala per un interesse molto vivo per le astrazioni e le formalizzazioni giuridiche nonché per alcune possibili caratteristiche neoplatoniche del suo scritto. [A. Balbo]