Edizione di riferimento:
The Works of Ausonius, edited with Introduction and Commentary by R.P.H Green, Oxford 1991
L’epistola prefatoria al Cento nuptialis di Ausonio è indirizzata ad Assio Paolo, retore e colto amico a cui egli dedica anche la Bissula, e si presenta come composta qualche tempo dopo la realizzazione dell’operetta, ritrovata per caso fra le carte. Essa colloca il centone virgiliano nel contesto della corte imperiale di Treviri, come uno degli intrattenimenti letterari di Valentiniano e del suo entourage. Ausonio sente il bisogno di giustificarsi, seppure in tono semiserio, per essersi indotto a degradare in questo modo la dignità della poesia di Virgilio e attribuisce allo stesso imperatore la richiesta perentoria del centone, capace di gareggiare con un centone sul medesimo tema composto da Valentinano tempo addietro. La lettura dell’epistola è di particolare interesse poiché si tratta del testo antico che con maggiore ampiezza e acume analizza la tecnica compositiva di questo genere poetico e ne mette in luce pregi e limiti. Dopo l’iniziale svalutazione dell’operetta, a scopo di captatio benevolentiae (frivolum et nullius pretii opusculum), il centone è presentato come lusus intellettuale di non irrilevante impegno: una conoscenza perfetta del testo di partenza è indispensabile per mettere insieme una composizione che abbia una sua originalità e coerenza di stile e significato, sia pure nella direzione di una ‘degradazione’ del modello (de seriis ludicrum, de diversis unum, de alieno nostrum). La tecnica di assemblamento delle ‘tessere’ virgiliane ha regole precise, che Ausonio illustra con minuzia e che non vanno violate, se l’autore vuol dare prova di maestria ed evitare forzature che lo farebbero cadere nel ridicolo: peritorum concinnatio miraculum est, imperitorum iunctura ridiculum. [R. Tabacco]