Edizione di riferimento:
Sexti Pompei Festi De verborum significatu quae supersunt cum Pauli Epitome, Thewrewkianis copiis usus edidit Wallace M. Lindsay., Stutgardiae et Lipsiae 1997 (1913) (Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana).
Il lavoro di Paolo Diacono sul dizionario enciclopedico di Festo si presenta come una riduzione del materiale a disposizione nel De verborum significatu: molti dei lemmi di partenza, ritenuti poco interessanti, furono espunti totalmente oppure ridimensionati perché eccessivamente lunghi nelle loro definizioni; in altri casi, vennero modificati in maniera sostanziale per essere resi più chiari e fruibili al lettore. Paolo stesso illustra il metodo adottato per allestire la sua Epitoma de verborum significatu nella lettera dedicatoria a Carlo Magno, che funge da introduzione programmatica (p. 1, 6-13 L.): Sextus denique Pompeius Romanis studiis affatim eruditus, tam sermonum abditorum, quam etiam quarundam causarum origines aperiens, opus suum ad viginti usque prolixa volumina extendit. Ex qua ego prolixitate superflua quaeque et minus necessaria praetergrediens et quaedam abstrusa penitus stilo proprio enucleans, nonnulla ita, ut erant posita, relinquens, hoc vestrae celsitudini legendum conpendium optuli. Come si può evincere da queste parole, lo storico e grammatico longobardo mette subito in risalto la lunghezza del glossario di Festo, che conteneva ampie definizioni di parole desuete corredate da spiegazioni etimologiche, ma non viene fatto alcun cenno a una derivazione di quest’ultimo dall’opera di Verrio Flacco. Il contributo di Paolo Diacono è fondamentale per tentare di ricostruire la genesi e il testo del De verborum significatu, di cui ci è pervenuta per tradizione diretta soltanto la seconda metà dei lemmi, dalla lettera M alla lettera Z, tramandata dal codex Farnesianus (F) dell’XI sec. e da pochi altri manoscritti di epoca umanistica dipendenti da quello. Della prima parte del repertorio festino, comprendente i vocaboli dalla lettera A alla lettera L, è attestata esclusivamente la sintesi allestita dall’erudito longobardo. È dunque la seconda parte quella per noi più interessante a livello filologico, poiché ci permette di individuare il metodo di lavoro adottato da Paolo attraverso il confronto quasi interlineare tra la sua Epitoma e il Farnesianus, che riporta con buona approssimazione e genuinità il testo del De verborum significatu; siamo dunque in grado sia di delineare in maniera rigorosa e attendibile i criteri di selezione del modello festino seguiti da Paolo sia di stabilire l’effettiva differenza qualitativa e quantitativa tra i due dizionari, anche per quanto riguarda la prima parte non attestata da F. Il caso forse più interessante riguarda la scelta di non recuperare nell’Epitoma le citazioni della maggior parte dei poeti arcaici a eccezione di quelle di Ennio, probabilmente per la particolare auctoritas di cui godeva quest’autore presso i principali classici latini oppure per un gusto letterario personale del grammatico longobardo.
L’Epitoma di Paolo Diacono, composta tra la fine del VII e l’inizio dell’VIII sec., rappresenta quindi una testimonianza di imprescindibile importanza, sebbene indiretta, del De verborum significatu di Pompeo Festo, e risulta senza dubbio fondamentale per verificare il contenuto di F ad essa cronologicamente seriore. [F. Mantelli]