Grammatici Latini, VI. Scriptores artis metricae. Marius Victorinus, Maximus Victorinus, Caesius Bassus etc., ex recensione H. Keilii, Hildesheim 1961, 640, 13-641, 6 (reprografischer Nachdruck der Ausgabe Leipzig 1874)
Dei testi editi da Keil nei Fragmenta Sangallensia il codice Sankt-Gallen, Stiftsbibliothek 876 (S) è testimone unico (descrizione del codice e del suo contenuto in Holtz 1981, De Paolis 2003, Romanini 2007, CXXXVII-CXXXIX; il manoscritto è disponibile al link http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0876). Copiato probabilmente a San Gallo alla fine dell’VIII secolo o all’inizio del successivo, questo manoscritto è il risultato dell’unione, avvenuta nello stesso scriptorium sangallense nei primi anni del IX secolo, di più raccolte grammaticali contemporanee o di loro frammenti (Holtz 1981, 365). Holtz vi ha distinto quattro gruppi di testi: il primo, il secondo e il quarto contengono tutti opere di Donato o scritti a essi legati, mentre il terzo (pp. 129-284) è una raccolta di testi più e meno antichi di prosodia e metrica, da Mallio Teodoro a Beda. In questa terza sezione, alle pp. 137-144, sotto il titolo De scansione heroyci uersus et specie eorum figurano i Fragmenta Sangallensia. Tra le due sezioni de scansione heroici versus e de iambico trimetro è intercalato, mutilo della fine, il Fragmentum Berolinense de speciebus hexametri heroici (GL VI 634, 10-636, 23) edito da Keil secondo il codice di Berlino, Staatsbibl. Preussischer Kulturbesitz, Diez B. Sant. 66.
Sull’autore del brano non possediamo notizie, ma la sua fonte è sicuramente il terzo libro di Aftonio, GL VI 137, 8-29 per la prima sezione, dedicata al dimetro giambico acataletto, e 133, 34-134, 17 per la parte relativa al tetrametro trocaico catalettico; il titolo de epodo octosyllabo spetta quindi propriamente solo alla prima metà del brano. La derivazione da Aftonio, che per il sistema epodico sembra dipendere a sua volta da Terenziano Mauro, 2439-57 (Morelli 1966, 253), è confermata dall’allusione, in apertura del frammento, al trimetro giambico acefalo e a quello catalettico trattati da Aftonio, GL VI 135, 30-136, 12, ma assenti in S. Come per il precedente capitolo de pentametro, la teoria metrica esposta si fonda sulla derivatio: fil rouge tra i due versi oggetto di esame è infatti la loro derivazione dal trimetro, il dimetro per detractio (di un metro giambico), il tetrametro per adiectio (di un cretico).
Morelli 1966 ha mostrato come l’autore sembri dotato di una buona sensibilità al lessico tecnico del suo modello, di cui contamina passi diversi, e di una certa scrupolosità di fronte alle citazioni anonime, di cui si preoccupa di chiarire la paternità (con le parole apud Horatium per Hor. Ep. 1, 4, subire Maecenas tuo) sulla base di personali letture. Si rinvia al medesimo contributo del 1966 per alcune proposte di emendazione rispetto all’edizione di Keil, e si segnala che il metodo di lavoro dell’anonimo appare affine a quello dei precedenti capitoli de iambico trimetro e de pentametro. [M. Callipo]