Edizione di riferimento:
Hippokrates, De aeribus aquis locis: interlineare Augabe der spätlateinischen Übersetzung und des Fragments einer Hochmittelalterlichen Übersetzung, hrsg. von H. Grensemann, Bonn 1996.
Nell’ambito del cosiddetto Hippocrates Latinus (vd. scheda autore), il De aere aquis locis è la traduzione completa del fortunato trattatello attribuito a Ippocrate Περὶ ἀέρων ὑδάτων τόπων (Jouanna 1996; recenti traduzioni italiane Bottin 1986 e Carena 2020, pp. 82-106; cfr. Fichtner 2016, pp. 7-10). Si tratta di un’opera di grande rilievo per il suo intreccio dei diversi piani medico, etnografico ed ecologico, e in particolare per il suo sviluppo della teoria del determinismo ambientale.
La traduzione è conservata nei codici Ambrosianus G. 108 inf. (s. IX, ff. 19bisr-21v) e Parisinus 7027 (s. IX, ff. 13v-32v). Un frammento che riporta i primi undici capitoli si legge nel codice Hunterianus 96 della Biblioteca Universitaria di Glasgow (precedente segnatura T.4.13: s. IX, ff. 35r-39v): riscoperto da Fischer (1995), è stato per la prima volta messo a profitto nell’edizione di Grensemann 1996. Quest’ultima presenta testo greco e traduzione latina in disposizione interlineare (precedenti edizioni: Kühlewein 1905, Gundermann 1911 e Brinkmann 1922, rimasta tuttavia non pubblicata). Descrizioni dei testimoni in Beccaria 1956, pp. 288-291 e 151-152; Grensemann 1996, pp. 20-23.
Da una diversa traduzione, rimasta sconosciuta fino al 1993, discende un ulteriore frammento conservato dal codice Monacensis latinus 23535 (s. XII: Grensemann 1996, p. 3; edizione nella seconda parte della sua monografia).
Lo sviluppo degli studi, riassunto da Beccaria 1959, pp. 16-20 e Grensemann 1996, pp. 16-17, mette capo alla persuasione che questa traduzione debba risalire a fine V-inizi VI secolo, probabilmente ad ambiente italiano, identificabile forse con Ravenna. Il traduttore usa un latino volgare e opera mantenendosi per lo più aderente al testo in modo quasi pedissequo. Varie espressioni greche appaiano rese in modo approssimativo, ma – come, del resto, in altri casi dell’Hippocrates Latinus – spesso si resta nell’incertezza se fraintendimenti ed errori dipendano da un’imperizia del compilatore oppure dalle vicissitudini di trasmissione dell’originale greco su cui egli lavorava o dello stesso testo latino pervenutoci (Beccaria 1959, pp. 18 e 55; Grensemann 1996, pp. 15, 29; e pp. 32-37, in cui si contempla anche l’ipotesi che il lavoro dell’originario traduttore abbia potuto subire nel tempo manipolazioni). Sui problemi relativi ad ambiente, datazione, tecnica e la lingua della traduzione vd. anche Hippocrates Latinus (scheda autore). [F. Giannotti]