Edizione di riferimento:
Il trattatello è preservato unicamente da codici di età medievale, legati in parte all'area beneventano-cassinese (dove dovrebbe essere stato conservato in origine, quale vera e propria reliquia degli studi grammaticali antichi), in parte al Nord Europa (dove dovrebbe essere stato 'traslato', al pari di molti altri testi che il dominio franco ereditò dalla cultura longobarda): rispettivamente, e per la precisione, i manoscritti Paris, BNF, lat. 7530 (Montecassino, a. 779-796); Roma, Biblioteca Casanatense, 1086 (Benevento, sec. IX1); Città del Vaticano, BAV, Ottob. lat. 1354 (Roma o Montecassino, sec. XI ex. / XII in.: miscellanea strettamente connessa con Alberico di Montecassino e la sua scuola) e Leiden, BR, VLF 12 γ (dintorni di Reims, sec. IX2/3); Napoli, BN, IV A 22 (Francia, sec. XIII); Trier, BA, Abt. 95, Nr. 16 (Germania - prov. Hildesheim, St. Michael, aggiunta del sec. XIII in.). La fortuna in area beneventano-cassinese fu tale che Alberico giunse a inserire l'intero trattatello all'interno di una delle sue principali e più ricche compilazioni retorico-grammaticali, cioè il Liber de barbarismo, solecismo, tropo et scemate (ed. nella dissertazione inedita di Gehl 1976), nella sezione De scemate.
Considerati il lessico e soprattutto le fonti (Virgilio, Terenzio e Sallustio), l'opera si colloca con altissima probabilità in età tardoantica; e tale ipotesi appare corroborata dal fatto che sembrano esservene precisi riecheggiamenti nella dottrina di Servio (nell'esegesi a Virgilio) e Donato (nell'Ars maior). Il titolo, difficilior e dunque certamente originale (anche perché dotato di perfetta coerenza col contenuto), è conservato - sebbene in versione traslitterata - da parte della tradizione medievale, mentre il testo è adespoto, ma avvicinabile con buona verosimiglianza al magistero di Emilio Aspro (v.), che in un passo del suo Vergilius (Quaestiones Vergilianae) aveva dichiarato di occuparsi proprio di quelle "figure grammaticali" in un'opera intitolata appunto Σχήματα λόγου. Il presente testo non costituirebbe che un frammento (probabilmente della parte iniziale) di tale opera, di cui altrimenti non resterebbe traccia. [F. Bognini]