Edizione di riferimento:
Ps. Remmii Palaemonis Regulae, introduzione, testo critico e commento di M. Rosellini, Hildesheim 2001 (Collectanea grammatica latina, 1)
L’opera, priva di prefazione, è formulata come un discorso rivolto ad un allievo da un maestro che assume talvolta un tono colloquiale ed incoraggiante; vi si trovano frequentemente esplicitate quelle forme erronee che la dottrina esposta dovrà indurre ad evitare. Un’attenzione particolare è prestata all’eufonia come fattore evolutivo delle forme linguistiche, per cui gli eruditi sono visti intenti a musicare Latinitatem. La materia è suddivisa in sei sezioni, De nomine, De pronomine, De verbo, De participio, De adverbiis, De praepositionibus; nonostante la mancanza della congiunzione e dell’interiezione, l’operetta non deve essere considerata mutila, perché è verosimile che non venissero date regole su quelle parti del discorso non soggette a declinazione e non legate, come alcune preposizioni, all’uso di diversi casi. Le sezioni sono molto disuguali tra di loro quanto all’ampiezza e sono articolate in regulae generali e quaestiones particolari. Riguardo al nome non si fa mai riferimento alla distinzione per declinazioni, che è caratteristica del genere ars, e quanto al verbo si prende in considerazione soltanto il tema del presente, raggruppando le forme in tre coniugazioni (la terza è suddivisa in tertia correpta e producta); riguardo alle preposizioni si pone particolare attenzione soltanto su quelle utriusque casus. L’esposizione non contempla l’inserimento di esempi letterari (sono presenti solo due citazioni da Virgilio e un richiamo a Terenzio per l’attestazione di forme non comuni). In sostanza l’operetta si propone come un rapido pro-memoria destinato a latinofoni, principianti dell’apprendimento linguistico, con un programma formativo limitato ad un primo livello.
Nel corso della tradizione, probabilmente nella fase di passaggio tra medioevo e umanesimo, questi contenuti molto elementari sono stati arricchiti e modificati con l’interpolazione di brevi passi di altri testi grammaticali (laddove riconoscibili, essi sono riconducibili all’Ars di Prisciano), che hanno radicalmente modificato la facies del testo, introducendo ad esempio in esso la classificazione dei nomi per declinazioni; di conseguenza l’opera era stata datata alla fine della tarda antichità, dopo l’età di Prisciano. La scoperta di due testimoni medievali, privi delle interpolazioni, ha consentito di liberare il testo da queste incrostazioni tardive che caratterizzavano tutte le edizioni, dalla princeps del 1503 fino ai Grammatici Latini del Keil, e di conseguenza di retrodatare l’opera e riconoscerla come uno degli esempi più precoci del suo particolare genere. [M. Rosellini]